Estero. Un estero vicino (almeno per chi scrive), un estero che non è né New York, né Londra né Parigi; ma questa piccola cittadina di poco meno di 10.000 abitanti, St. Johann in Tirol, stazione sciistica di richiamo nel cuore delle Alpi austriache, qualcosa da dire musicalmente, chiaro e forte, ce l’ha, e ce l’ha da ormai una trentina d’anni – da quando Hans Oberlechner e Karin Girkinger cominciarono a organizzare concerti in vari luoghi della città, per poi convogliare le forze su un vero e proprio progetto di festival, nel 2000, alla “Alte Gerberei”, la vecchia conceria ristrutturata a centro culturale –, tanto da non dover invidiare nulla a festival ugualmente dedicati al jazz e alla musica d’improvvisazione non solo in Austria (pensiamo ad esempio a Konfrontationen di Nickelsdorf, Music Unlimited a Wels, o Kaleidophon a Ulrichsberg) ma anche nel panorama europeo e internazionale. E allora, pratica partenza in treno verso mezzogiorno, rapido cambio a Innsbruck, paesaggi (poco) innevati con la consapevolezza del privilegio di questo viaggio, e arrivo puntuale a destinazione. Pronti.

Pronta, prontissima è anche la macchina organizzativa della tre giorni di artacts ‘22, festival fitto di appuntamenti musicali e non – l’inaugurazione della mostra fotografica “Note a margine” di Luciano Rossetti segna l’inizio della rassegna, giovedì 10 marzo – con 12 concerti e formazioni in assetto variabile, un’installazione sonora e un workshhop pomeridiano per bambini. Prontissimi anche i primi musicisti ad esibirsi, con la violinista Irene Kepl e il suo nuovo quartetto austriaco-germanico gNYXe – Katharina Ernst batteria e percussioni, Jakob Gnigler sax tenore e Carl Ludwig Hübsch, extended tuba –, per un set di ricerca sonora tra improvvisazione e musica contemporanea di grande impatto, in cui spiccano le fantasmagorie della tuba di Hübsch in magistrale intesa con il violino di Kempl (con cui da anni ha un duo), la batteria ritmica e non di Ernst e il sax ora disteso ora impetuoso di Gnigler.

Grande attesa anche per il secondo concerto, che ha visto per la prima volta a St. Johann i Punkt.vtr.Plastik (con la giovane leader Kaja Draksler al piano, Petter Eldh contrabbasso, Christian Lillinger batteria): piano trio del presente, travolgente e irrequieto, urgenza espressiva e ostinati medio-lenti, qualche quasi-melodia stravolta che si instinua tra le pieghe di un dialogo fitto e serrato, e grande padronanza degli strumenti e dell’interazione a tre. Attesa del pubblico ben riposta, e un live che potremo risentire presto con piacere su disco, per Intakt Records. Di tutt’altro genere, invece, le atmosfere evocate dal quintetto Zimt (qui in trio: Angélica Castelló ai flauti paetzold, Kai Fagaschinski clarinetto e Burkhard Stangl chitarra elettrica e contraguitar a doppio manico), con paesaggi sonori rarefatti e inusitati ed echi di voci radiofoniche in lingue sconosciute che irrompono in una dimensione fuori dal tempo, alla ricerca di suoni impossibili tra acustica ed elettronica, e anche questo è il presente.
Un presente che ritorna a farsi più impellente con il successivo Sestetto Internazionale, capitanato dal sassofonista svedese Harri Sjöström, con Gianni Mimmo (sax soprano), Phil Wachsmann (violino), Veli Kujala (fisarmonica), Achim Kaufmann (piano) e Ignaz Schick (turntables, oggetti). Formazione peculiare per strumentazione, ma ben salda nell’idioma contemporaneo con solidi rimandi alla tradizione più avanzata, jazz libero e musica improvvisata di grande qualità e spessore, per un gruppo che, creato nel 2015 e con 2 album finora all’attivo (Aural Vertigo, 2017; Live in Munich, 2019), declina l’interazione collettiva in ampi spazi orchestrali come in intimi momenti cameristici, e ci si augura che arrivi presto un terzo lavoro registrato…
La seconda giornata di festival, sabato, comincia invece nel primo pomeriggio, con l’installazione “Laut Schweigen” di Irene Kepl (opera comica realizzata per artacts ’20, per ensemble e il ChorArt St. Johann), e prosegue con un passaggio al workshop percussivo per bambini di Katharina Ernst – anche questa, lungimirante e intelligente iniziativa con e per il territorio – prima di spostarsi alla galleria d’arte “Kunstwerk” per risentire i membri del Sestetto Internazionale, questa volta in dialoghi a due. I sax soprano e sopranino di Sjöström e la fisarmonica di Kujala, e poi ancora il sax soprano, con Gianni Mimmo e un sound di ampio respiro, rotondo e morbido, a tracciare paesaggi sonori distesi su cui si innesta il virtuosismo di Wachsmann al violino, e anche questo è un concerto da ricordare.

Ampia pausa tardo-pomeridiana per dare un’occhiata a dischi e libri in vendita e scambiare due chiacchiere con musicisti e ospiti – di fronte alla Gerberei si trova la Casa Montessori, adibita grazie ad un entusiasta gruppo di volontari ad apprezzato e gemütlich punto di ristoro e di ritrovo, dove oltre all’ampio pubblico di provenienza locale ma soprattutto dalla vicina Germania si possono incontrare piccole ma significative ‘delegazioni’ slovene, olandesi, britanniche e italiane – prima di rientrare per l’inizio della seconda, ricca serata, che vedrà susseguirsi ben cinque concerti.
Ed è un costante crescendo, questa seconda serata high energy, tra il set di piano e turntables/objects di Kaufmann e Schick (Sestetto Internazionale) – quest’ultimo, memorabile maestro di live-elecronics dalle mille sfaccettature tra sperimentazione, ambient, musica industriale, noise e minimal – la nordica Acoustic Unity del batterista Gard Nilssen (André Roligheten a tenore, soprano e clarinetto, Petter Eldh al contrabbasso), poderosa e vitalistica, ma anche calda, intima e riflessiva, e di nuovo Katharina Ernst, questa volta con Also, duo di lunga data con Martin Siewert a chitarre e elettronica, grande interplay giocando con dinamiche, ritmi, suoni industriali e ipnotici groove.

E poi ancora, il Cut-Trio (Tanja Feichtmair alto sax, Cene Resnik sax tenore, Urban Kušar batteria e percussioni, giovani promesse della scena improvvisativa austriaca la prima, e slovena i secondi), e, per finire, il trio esplosivo di John Dikeman, statunitense di stanza ad Amsterdam e sassofonista di punta della nuova scena free olandese, Oliver Schwerdt – già sodale di Günter Baby Sommer –, al piano, e di nuovo Christian Lillinger, in un set altamente esplosivo a degna conclusione di una serata decisamente adrenalinica.

E infine, domenica mattina prima di ripartire (perché c’è da ripartire, pur sapendo che ci si perderanno i Knarr! di Ingebrigt Håker Flaten, il duo di Kaja Draklser e Szymon Gasiorek, e l’Humanization Quartet) – c’è ancora un po’ di tempo per scambiare due parole con Hans e Karin su presente e futuro del festival – soddisfazione per l’interesse che sta riscuotendo anche questa edizione di artacts, che da sempre lavora in rete con gli altri festival impro del paese, una più stretta collaborazione con lo sloveno Jazz Cerkno Festival in cantiere, e grande cura nel creare le condizioni per nuovi progetti e collaborazioni tra i musicisti ospitati a St. Johann. Prima di prendere il treno per il ritorno, con qualche disco e un libro fotografico in valigia, e una nuova curiosità per la scena e i luoghi della musica improvvisata al di là del Brennero, forse poco conosciuti in Italia ma a cui le cose da dire forti e chiare non mancano, come ci ricorda artacts ’22, St. Johann in Tirol.
Le fotografie sono di Dawid Laskowski.