Se vi state domandando cosa ci faccia una formica nella copertina del cd “Thinking sketches” (Caligola records) di Alberto Zanini, chitarrista bergamasco attivo fra jazz, rock e sperimentazione, già al fianco di Francesco Chiapperini e Roger Rota, dovete iniziare l’ascolto del cd in parallelo con la lettura del racconto “Una vita a caso“, di Giuseppe Goisis, riportato nel booklet accluso alla confezione. Qui si narrano le vicende umane, estremamente ordinarie, di Alfòr, figlio, orfano di padre, protagonista di mille mestieri, insegnante, marito, padre e vedovo, ma in fondo eterno bambino, che ama “osservare le formiche , imitare di nascosto l’andatura stramba delle persone da dietro, come facevano i Monty Python, ed evitare il contorno delle piastrelle”.
La musica è stata concepita come il complemento della storia raccontata, essendo anch’essa dotata di grande energia narrativa, (l’autore invita chi ascolta a collocare le parole tra le note ed i disegni“),15 episodi da incastrare fra i capitoli scritti, costruiti da una formazione originale che alla chitarra ed elettronica del leader affianca la batteria di Luca Mazzola, il violoncello di Leonardo Gatti, la viola di Marco Lorenzi ed i clarinetti di Gabriele Rubino. Un racconto musicale imbastito sugli originali contrasti timbrici fra strumenti raramente abbinati, come rende subito evidente l’iniziale dittico costituito da “Sketches” e “1967″, (l’anno di nascita del protagonista), che combinano in un gioco di continua ricomposizione le diverse voci strumentali, un rincorrersi di temi accennati dalla chitarra, ripresi dagli archi e variati dal clarinetto che si ripropongono nei brani successivi.
Ogni brano, nel gioco narrativo/musicale, può quindi essere ricondotto ad una stagione, un momento specifico od uno stato d’animo del protagonista, in un’ alternanza che è propria, in fondo, della vita di ciascuno, e che la musica rende esplicita tramite il proprio linguaggio: momenti di esaltazione e depressione, felicità e tristezza, l’incapacità a difendersi dalle proprie debolezze e l’ innocenza spensierata. Queste le istantanee della storia di Alfòr, eroe per un giorno, come la canzone di David Bowie (Heroes) che lui ama canticchiare e che in coda alla scaletta viene riproposta in una versione minimalista e con tutta la magniloquenza dell’originale azzerata. Ecco, perciò, l’atmosfera di mistero e lo stupore di una scoperta nel blues “da camera” “The boot are not in the cellar“, la rabbia espressa attraverso tumultuose deviazioni verso i confini del rock estremo in “Three dead kittens” ed in “Horse poop reminds “, i confini fra razionalità ed abbandono, musica e rumore, di “He has never been spolied“, la spensieratezzza sognante del funky saltellante “Tallking sketches“, la giocosità del tango di “Are happy seasons“. L’avvolgente trama di “Bodies like rag dolls” costruita sul contrappunto fra chitarra, i due archi ed il clarino, precede “You’re not a real man“, la frase- incubo di Alfòr, lo specchio della propria inadeguatezza spesso rimarcata dal giudizio esterno, uno dei brani che preferisco, una scura cellula melodica della chitarra che sboccia nella melodia ricca di pathos declamata all’unisono. Quindi la riflessione di un valzer al rallentatore “Old healty habits” ed il sogno di un maestoso cavallo nobile colto in un momento meno nobile, nelle atmosfere oniriche di “Horse poop dreams” .
Ci sono molte immagini in questa musica, ce ne sono come in quella di Bill Frisell, che ogni tanto fa capolino fra i tasti della chitarra del leader, ma la capacità di metterle a fuoco in un contesto originale, di strumenti “classici” che cavalcano le onde della libertà jazz al fianco delle distorsioni della chitarra e ad una discreta elettronica, e di “accenderle” emotivamente, è tutta di Zanini e dei suoi compagni di viaggio.