Miles Davis ha sempre goduto della fama di polemista, e le sue rare e laconiche uscite pubbliche erano quasi sempre attese come provocazioni ben calcolate. La sua autobiografia, scritta a quattro mani con un intellettuale del calibro di Quincy Troupe, non ha certo sovvertito questa immagine, anche se una lettura più fredda e disincantata, capace di filtrare le ‘boutades pour epater les bourgeouis’, rivelerebbe molti momenti di assoluta ed a volte disarmata sincerità.

Ed in fondo proprio di questi è andato alla ricerca tal Jacob Uitti in un articolo su ‘The American Songwriter’ di qualche giorno fa. Accantonati giudizi taglienti su colleghi, invettive sulla questione razziale e sull’establishment musicale americano, emerge un Miles meditativo, quasi aforistico nella sua sintesi. Naturalmente dobbiamo concedergli qualche punta del suo proverbiale sarcasmo, spesso però smussata da un filo di inattesa ironia.
Di seguito un breve florilegio, che potrebbe diventare il Libretto Rosso di Miles, formato più che tascabile. Misericordia per il traduttore improvvisato, gli anglofoni possono misurarsi con l’originale.
“Ho sempre il pensiero rivolto alla creazione. Il mio futuro inizia ogni mattina quando mi sveglio. Ogni mattina scopro qualcosa di creativo per impiegare la mia vita”
“A volte devi suonare a lungo per esser capace di suonare come te stesso” (massima aurea da scolpire su molte pareti di oggi… N.d.R.)
“Non suonare quello che c’è, suona quello che non c’è” (….. sembra facile….. N.d.R.)
“Non aver paura degli errori. Non ce ne sono” (massima da utilizzare con cautela, ce la si può permettere solo dopo decenni di palco…… anche perché presuppone la capacità di riconoscerli, gli errori… N.d.R.)
“Per me vita e musica sono tutte una questione di stile”

“Una leggenda è un uomo vecchio con un bastone, conosciuto per quello che era solito fare. Io lo sto ancora facendo” (… e non ha mai smesso sino alla fine. N.d.R.)
“So quello che ho fatto per la musica, ma non chiamatemi ‘leggenda’. Chiamatemi solo Miles Davis” (…mi sembra di vederlo, il sorrisetto diabolico…. N.d.R.)
“Sono costretto a cambiare. E’ come una maledizione” (… e le rivoluzioni non sono pranzi di gala, come recitava l’altro Libretto, quello cinese…. N.d.R.)
“Quando fai qualcosa troppo a lungo, o lo logori o perde di interesse”

“Jimi Hendrix veniva dal blues, come me. Per questo ci capivamo al volo. Era un grande chitarrista blues”. (La mancata sessione in studio – a quanto sembra effettivamente programmata – è stata forse una delle più grandi occasioni perdute di questa musica. La morte di Hendrix è un cold case ancora aperto, e sembra aver a che fare più con assicurazioni sulla vita da incassare che con siringhe… N.d.R.)

“Prince porta in sé qualcosa di Marvin Gaye, di Hendrix e di Sly (Stone). Ed anche qualcosa di Little Richard. E’ un miscuglio di tutti questi tipi e di Duke Ellington” (spero proprio che questo apprezzamento sia arrivato alle orecchie di Prince, al suo posto avrei fatto un salto sino al soffitto. L’accostamento tra la ricca e sensuale tavolozza di Prince e quella di Ellington è un’intuizione geniale. Altro disco mancato….. N.d.R.)
“Quando suono non vado mai sino in fondo. E’ qualcosa di incompiuto. Mi piace trovare uno spazio perché qualcun altro lo finisca. E’ lì che inizia lo sballo”
“Prima lo suono, e poi ti dico che cos’è” (oggi spesso si fa il contrario. N.d.R.)
“Se tu capissi ogni cosa che dico saresti me”
‘Aurea brevitas’ .Milton56
Parigi Luglio 1991. A proposito di ‘incompiutezza’, di ‘suonare quel che non c’è’: ci sono Zawinul e Shorter, … per una volta sembra che si guardi indietro, sino allo splendido ‘In a SIlent Way’ del 1969. Ma era la prima e l’ultima…..qualche settimana dopo arriva la nota finale)
Ne mancano due che sono altrettanto significative :” Chiunque voglia continuare a essere creativo, lo può fare solo attraverso il cambiamento”. E ” La vita è un’avventura e una sfida , e non è fatta per stare fermi al sicuro”. Anche queste bisognerebbe scriverle sul comodino per poterle leggere ogni mattina.
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