Il blues, Monk, l’Africa sono alcune delle suggestioni evocate dall’ascolto di “Orfani”, nuovo lavoro del pianista friulano Claudio Cojaniz, inciso con il collaudato trio formato da Alessandro Turchet al contrabbasso, Luca Colussi alla batteria e Luca Grizzo alle percussioni. Quelle citate sono anche le coordinate principali della musica di Cojaniz, classe 1952, “folgorato” dall’ascolto di “Crepuscule with Nellie” intorno ai tredici anni e da lì in poi appassionato esploratore dell’opera di Monk, insieme a molte altre inclinazioni: dai lavori orchestrali dei primi anni ’80 al Tarahumara Group, dalle colonne sonore per cinema e Tv al duo con Giovanni Maier ed all’intensa attività per la Splash records con Giancarlo Schiaffini, Giorgio Pacorig e molti altri. Fra le più recenti imprese , la N.I.O.N. Orchestra (Not In Our Name) con, fra gli altri, Francesco Bearzatti e Cuong Vu. Da alcuni anni si è accasato fisicamente in Calabria, dove, invitato al festival di Roccella Jonica ha deciso di fissarvi la propria residenza, ed artisticamente presso Caligola records, con la quale ha pubblicato ben sedici dischi, alcuni dei quali, a partire dal 2010 (“The heart of the universe“) proprio con il trio protagonista di “Orfani“, allora giovani promesse dalla scena jazzistica, cresciuti insieme al maestro fino a formare una coesa e compatta entità musicale che si riconnette alla formula sperimentata negli anni 90 con Maier ed U.T. Ghandi (“Hasta siempre“). Oggi forse nello stile del pianista prevale una vena maggiormente riflessiva e malinconica, con il blues che innerva sottilmente la struttura dei brani e le improvvisazioni, ma il linguaggio rimane sempre marcato da una limpida espressività che coinvolge l’ascoltatore in una narrazione avvolgente. Succede qui fin dal primo brano, “Bozo“, costruito sul passo elegantemente elastico del contrabbasso e sul dialogo fra le percussioni, che cattura anche per la realistica e vivida presa sonora ottenuta negli studi Digitalsound di Vedelago, proseguendo attraverso altri episodi nei quali emergono altre suggestioni dall’Africa (“Mokoba“), distese digressioni blues (“Blues dans la nuit” , “Winter“, con uno spazio dedicato all’intenso solo del contrabbasso), istantanee notturne (“Fumoir“) ed intense ballads (“Papaveri gialli“). “Orphans” (la composizione) approfondisce e valorizza, attraverso il dialogo fra i musicisti ed il gioco dell’improvvisazione, un tema dalla immediata presa emotiva: come tutto il contenuto di “Orfani”, è il risultato di un decennio di vita e musica condivisa su palchi e studi di registrazione.
Claudio Cojaniz – “Orfani”
