Jan Peter Schwalm, Stephan Thelen – “Transneptunian Planets”

Uno dei privilegi di chi produce musica, registrata o suonata dal vivo, è la possibilità di sviluppare la propria immaginazione nel dare vita ad abbinamenti inediti fra diverse sensibilità musicali: conoscere in modo non superficiale il “carattere” dei musicisti con i quali si lavora consente di creare, sulla carta e poi magari nella realtà, unioni musicali inedite altrimenti affidate al caso degli incontri . In questo modo, specie nel jazz, sia quello principale che minore, sono nate molte formazioni : propiziate dall’intuizione di promoters, organizzatori e discografici, hanno poi sviluppato una propria vita autonoma, scrivendo un capitolo, piccolo o grande, della storia della musica. “Transneptunian planets” si iscrive in questo filone: dopo anni di collaborazione con il sintetista tedesco Jan Peter Schwalm, noto anche per le sue esperienze con Brian Eno, ed una più recente liason con il chitarrista svizzero Stephan Thelen , leader della band Sonar e sodale di David Torn nell’uso creativo della sei corde, Giacomo Bruzzo, proprietario e label manager della londinese RareNoise, ha pensato di mettere su disco la sinergia fra le sculture ambientali del primo e le geometriche ed ipnotiche strutture elettriche della band svizzera. Il risultato è proprio ciò che si potrebbe prevedere conoscendo le rispettive basi di partenza, tenuto conto che, fra l’altro, gli otto brani del cd, tutti intitolati in omaggio ad oggetti celesti alla deriva oltre l’ottavo pianeta, si avvalgono di una solida sezione ritmica composta dal bassista britannico Tim Harries e dal batterista dei Sonar Manuel Pasquinelli: composizioni che trovano la propria identità nel connubio fra gli elementi materici delle metronomiche strutture e le aperture ambientali, sinfoniche dell’elettronica. Tutto nasce da un incontro a Francoforte e da “Haumea” il pezzo composto da Thelen a cui Schwalm ha aggiunto tracce di synth ed il chitarrista norvegese Eivind Aarset aggiunto propri contributi, fra i brani più suggestivi, una ciclica progressione dub che spande nel cosmo i suoi fendenti elettronici .

Credo che l’idea fosse che avremmo potuto combinare il mio modo ‘architettonico’ di usare i poliritmi con i mondi sonori distopici di J. Peter”, spiega Thelen. : “Già durante quella prima conversazione abbiamo sviluppato le prime idee e in quell’occasione avevo suggerito di darci reciprocamente lo spazio creativo e il ‘permesso’ di modificare i contributi dell’altro, per cercare di uscire dalle griglie su cui eravamo abituati a lavorare – aggiunge Schwalm”.

Haumea

Dopo l’usuale stop causa pandemia, il progetto si è sviluppato tramite scambi a distanza fra la Germania e la Svizzera, affinando ed arricchendo le idee di partenza dell’uno o l’altro dei protagonisti. In questo modo sono nate l’estesa “Pluto“, costruita su uno dei tipici riff ipnotici di Thelen, popolata da incombenti ombre elettroniche e chiusa da un dirompente solo di Aarset , “Make make“, robotica danza percussiva, popolata da un universo di segnali vocali alieni, “Quasar“, un viaggio dalle profondità del cosmo alla dura superficie di un pianeta funk/dub. La cadenza ritmica caludicante e circolare di “Orcus” apre la seconda parte mescolando ancora l’astrattezza delle nuvole elettroniche di Schwalm con il finale groove rock imbastito da Thelen.”Gong gong“, con la sua atmosfera electro freak, le vocine vorticanti ed i synths svolazzanti, per titolo ed ambientazione a me richiama l amata, omonima, prog band fondata da Daevid Allen. “Sedna” ed “Eris”, i brani che hanno fornito spunto per l’intitolazione cosmica di tutte le tracce, riportano il tutto ai margini del sistema solare, con un finale che vede macchine ed umani musicisti in interagire in dialettica libera da schemi.
Era importante per entrambi mettere insieme due mondi musicali opposti e usare le prime idee e i risultati successivi come ulteriore ispirazione per altro materiale”, dice Schwalm. “Avevamo bisogno di mantenere tutti i canali aperti mentalmente, in modo che potesse nascere qualcosa che nessuno di noi aveva fatto prima. Era fondamentale per entrambi che la libertà artistica fosse la priorità assoluta.

Un’opera nata e nutrita sulle ali di una libera immaginazione che ha colpito, forse proprio per questi motivi, anche Brian Eno, invogliandolo a mettersi al lavoro per un imminente remix dell’opera.

https://stephanthelen.bandcamp.com

https://stephanthelen.bandcamp.com/album/transneptunian-planets?fbclid=IwAR0uThVa6Fyion58CpeevnDeySpTRKpaljVo4ySMcFqRw8k3tHj1rL1b57k

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