Per sgomberare subito il campo dai dubbi, bisogna dire che il folk non ha nulla a che fare con questo disco. Anzi, proprio il titolo, citazione da un brano di Kenny Wheeler, ci conduce in modo diretto alle coordinate di un jazz orchestrale che si staglia come rara avis nel panorama nazionale contemporaneo. Ne è autrice, nel senso di compositrice, arrangiatrice e cantante, Aura Nebiolo, giovane musicista piemontese avviata alla carriera di jazzista dopo una laurea in chimica ed approdata ai diplomi di canto Jazz presso il Conservatorio Ghedini di Cuneo, sotto la supervisione di Tiziana Ghiglioni e Luigi Martinale e quindi al corso di composizione Jazz con Enrico Fazio a cui “A kind of folk ” è dedicato. A seguire una lista di collaborazioni fra sinfonica e jazz (Parma Brass, Orchestra Sinfonica di Asti, Fabio Giachino, Tino Tracanna, Alberto Mandarini, fra gli altri). Il disco pubblicato da abeat records, arriva dopo una prima esperienza discografica del 2021 dedicata al songbook di Gershwin nella veste di cantante in compagnia del contrabbasso di Enrico Ciampini ed il vibrafono di Maurizio Vespa, e, pur nella sua estensione ridotta, rappresenta un interessante biglietto da visita per il nuovo triplice ruolo di Aura Nebiolo . “Il disco è un romanzo di formazione in musica – spiega l’autrice nelle note di copertina – il mio personale mito della caverna di Platone: progioniera nel buio, con una visione parziale della realtà, delle ombre di fantocci proiettati nel bagliore del fuoco, che spaventano e sembrano mostruosi. Cerco di liberarmi dalla catene e di uscire fuori dalla caverna per avere finalmente la visione completa della realtà, oltre la paura ed i preconcetti. Essere libera.”
Una sorta di viaggio liberatorio che prende avvio dalle note del contrabbasso di “Frequenze armoniche“, composizione articolata in varie sezioni, con l’andamento movimentato degli ottoni e la voce wordless che fa volare con leggerezza il tema; quindi pianoforte e tromba seguiti dal trombone intessono un dialogo che sfocia in una ripresa dal clima più drammatico del motivo principale. “Good roots” l’unico brano con liriche, è una fascinosa ballad che avvolge l’ascoltatore nelle sue spire blues, con una piccola sezione centrale di vocalese a rincorrere i fiati.
Trombone e voce aprono e conducono l’andamento di “Grey nose”, con lo scat della Nebiolo a scambiare frasi e ruoli con il sax tenore. Un andamento sciolto inaugura la title track, ancora con il trombone in primo piano sullo sfondo della swingante ritmica e degli altri strumenti a fiato, quindi gli spazi sognanti della voce e la tromba che riporta tutti a terra con il suo solo.
Infine “Deadline” (“non il punto di fine ma un punto e virgola ed un nuovo inizio“): tempo incalzante ed armonie vocali sospese, con spazi solisti del contrabbasso e del pianoforte per il brano più solare ed aperto del disco.
Senza scomodare paragoni ingombranti, la musica di Aura Nebiolo contiene elementi di grande interesse che potranno adeguatamente essere sviluppati verso quella dimensione di libertà, intesa anche nell’alternanza di forme ed organici strumentali, che l’autrice auspica, imponendo a tutti gli appassionati di tenere vigile l’attenzione sulle sue imprese future.
Insieme ad Aura Nebiolo suonano su “A kind of folk” : Cesare Mecca e Dario Avagnina trombe,
Enrico Allavena e Alberto Borio tromboni, Simone Garino Gledison Zabote, Simone Blasioli Luca Zennaro sassofoni, Nicola Meloni piano, Veronica Perego contrabbasso, e Francesco Brancato batteria.