Rileggere alcune composizioni di Mal Waldron facendo a meno del pianoforte è una sfida originale ed interessante. Se l’autrice è Cristina Mazza, comunemente indicata come la prima sassofonista italiana, che con Waldron ebbe nel corso degli anni ottanta una stretta collaborazione, nata nel corso dei seminari liguri di Giorgio Gaslini e culminata nella registrazione in trio con Reggie Workman dell’album “Where are you?” del 1991 (edito da Il posto records, meriterebbe una ristampa) ci si può aspettare una interpretazione della musica del pianista statunitense intima ed approfondita “dall’interno”.
Un tributo collettivo, verrebbe da dire, ascoltando alcune delle composizioni, non tutte fra le più note, di Waldron, interpretate con una verve ed una forza creativa che inevitabilmente riconducono anche ad Ornette Coleman e Steve Lacy, due fra i maggiori riferimenti per la sassofonista milanese, che conduce il quartetto di ance attraverso arrangiamenti di immediato impatto, grazie ad un sapiente uso del contrappunto, creando poi ampi spazi per le sezioni improvvisate. Da sottolineare il mirabile lavoro al contrabbasso del compianto J.J. Avenel, che mette in campo una forza ritmica e swingante impareggiabile assecondato dalla batteria di Everett. La session risale al 2007, due giorni di registrazione a Verona, ed è pubblicata da Caligola records nella sua serie “Hystorical tapes”, ma non fatevi ingannare dal tempo trascorso: qui c’è musica vitale e fremente che meritava una documentazione su cd ed il cui valore e godibilità prescinde da qualsiasi riferimento temporale. Si parte dalle fitte trame di “Hurray for Herbie“, con il sax alto protagonista, per confluire, con tensione ritmica immutata, nel tema ellittico di “Snake out“, che lascia spazio ai soli del clarinetto di D’Agaro e dei saxes, quindi una breve improvvisazione introduce il motivo di “What it is”, prima sommesso e progressivamente a fuoco, con il contrabbasso che macina implacabile il suo percorso ritmico. “Our Colline’s a Treasure“, che intitolava un album Soul note del 1987 di Waldron inciso con Sangoma Everett e Leonard Jones, è una composizione dotata di un lirismo naturale, qui enfatizzato dalla declamazione del sax, prima di una sequenza di soli che coinvolgono clarino, sax e basso. C’è poi spazio per la tensione ritmica di una “Status seeking” con un lungo soliloquio del baritono ed il solo della batteria, per una medley che contiene una versione particolarmente intima e concentrata della celebre “Soul eyes” abbinata a “Changachangachanga“, e per una “Dig it deep down baby” che costruisce il proprio abito blues partendo da una libera esposizione iniziale. Si chiude nel segno di Waldron e Billie Holiday con la ballad “Left alone“, introdotta dal baritono di Marini, le cui liriche sono declamate sul finale dalla voce da after hours di Sean Bergin, sassofonista sudamericano spesso al fianco di Waldron, l’altro protagonista di questa riuscita session che non è più con noi.