La difficoltà a raccontare un lavoro come l’esordio del quartetto Pith (Andrea Bazzicalupo (chitarra), Jean-Marc Baccarini (sassofoni), Michele Anelli (contrabbasso) e Lorenzo Capello (batteria & percussioni), basato in buona parte sull’improvvisazione non collocabile in idiomi espressivi codificati, conduce spesso il malcapitato recensore a lavorare di fantasia per restituire al lettore un’aspettativa di ascolto. Talvolta con risultati che oscillano fra l’inintellegibile ed il farsesco. Trovandomi in quella precisa situazione provo ad evitare le trappole citate ed a metterla così.
Se vi capitasse per una assurda combinazione di iniziare l’ascolto del cd omonimo del gruppo edito da Orange home records, dall’ultimo brano”Music for Rojava“, una suadente fuga del sax di sapore etnico, sappiate che esso rappresenta un’eccezione rispetto agli altri nove brani in programma. Ripartendo convenzionalmente dalla prima traccia, “Folding orange episode”, infatti, il suono dei tamburi di Lorenzo Capello introduce un libero dialogo nel quale ciascuno strumento segue una traiettoria autonoma, basata sull’istinto del momento. Non è solo questo tuttavia, Pith: nello sviluppo del disco gli elementi in costante dialettica, forma ed astrettezza, attinenza ad un tema e libertà, tendono spesso a compenetrarsi, in un processo che talvolta assume un andamento circolare : il vertiginoso tema all’unisono di “Annissim” , preludio ad una immersione in un avvolgente vortice chitarristico che si conclude poi con il ritorno al punto di partenza, le progressioni di sax e chitarra incorniciate dall’enfatico e geometrico tema che inizia e conclude “Nina“. Altrove la musica assume un andamento ciclico che, procedendo dal caos alla graduale costruzione di forme definite pare suggerire un processo evolutivo, come accade in” Like drops” uno dei momenti meno convulsi e concitati di un programma altrimenti ispirato a climi ed atmosfere sulfuree alla Tim Berne, oppure nello sviluppo di “With drums“, che sfocia dopo un luciferino solo del sax in un tema articolato e spigoloso. “I fixed my eyes with your eyes” per estensione ed articolazione dei climi assume la veste di una piccola suite che prende avvio in un clima tenebroso e teso con le meditazioni del sax immerse in un tessuto metallico, procede nell’intensificazione del climax sonoro suoni per poi “congelarsi” in una souplesse marcata dal metallo dei piatti e della batteria.
Il quartetto italo francese formatosi nel 2019 ed alla prima esperienza discografica, ha trovato una convergenza in una musica rigorosa e coraggiosa, esaltata negli aspetti timbrici dalla presa di registrazione che, nonostante le asperità degli ascolti iniziali, risulta apprezzabile per l’intensità, la forza e la volontà di ricerca di un linguaggio non convenzionale.
P