Ho qualche rimorso per questo titolo da verbale condominiale, ma di fronte al mare magnum del c.d. ‘JazzMi esteso’ (oltre 200 appuntamenti di varia natura, che coinvolgono anche l’hinterland milanese, oltre che le ormai mitologiche ‘periferie’, sulla bocca di molti, ma all’attenzione di pochi….), non mi è venuto fuori niente di meglio.
Le due realtà che potrebbero più facilmente alzare il sopracciglio di fronte alla mia titolazione goliardica sono Blue Note Milano e Bonaventura Musica Club di Buccinasco, che apportano entrambe un consistente contributo musicale al cartellone di JazzMi.
Blue Note conferma a mio avviso un consistente salto qualitativo della sua programmazione, che comprende sempre più spesso appuntamenti con formazioni fortemente caratterizzate nel senso dell’innovazione o giovani band emergenti, ai loro primi passi sulla scena europea. Il primo esempio da manuale è dato dal rodato quartetto del batterista Billy Hart, che allinea due riconosciuti talenti come lo schivo Mark Turner al sax ed il sofisticato Ethan Iverson al piano, entrambi già con solide prove da leader. Questa combinazione di un veterano di mille avventure e di due sofisticati innovatori di generazione di gran lunga successiva è completata da Ben Street al basso (domenica 2 ottobre). Il locale di Via Borsieri vedrà anche un passaggio del quartetto del trombettista Jeremy Pelt, che oltre a collaborazioni di gran livello (anche Wayne Shorter…) ha alle spalle un recente album proprio con un’interessante formazione che comprende anche un vibrafono (4 ottobre).
Il Bonaventura lo ho sempre nel cuore, e quindi mi ha fatto un gran piacere vedere che in occasione di JazzMi ospiterà una residenza di ben 3 serate (3,4 e 6 ottobre) di Antonio Faraò, uno dei pochissimi nostri pianisti altamente quotati negli States, tant’è vero che raccoglie la maggior parte dei suoi ingaggi proprio lì (con il sentito apprezzamento di uno come Herbie Hancock). Il pianista avrà ‘carta bianca’, ma è già previsto che nell’ultima serata il suo trio sarà affiancato da Chico Freeman, figlio d’arte emerso come giovane leone del sax tenore negli anni ’70, che da molti anni appare molto raramente sulla nostra scena. Un bel colpo per Bonaventura, anche perché alle nostre latitudini è molto raro che i musicisti possano sviluppare in modo rilassato ed esteso le proprie proposte in più serate.
Altri appuntamenti musicali di notevole interesse sono quello con la sperimentata Artchipel Orchestra (Volvo Studio 7 ottobre), che si presenta in formato compatto, ‘bonsai’ come dicono loro buttandosi alle spalle questi tempi di ristrettezze, veramente proibitivi per le grandi formazioni orchestrali. L’indistruttibile Enrico Rava ci coinvolgerà in un’ulteriore sua avventura il 5 ottobre all’Armani Silos: un trio con la chitarra e le elettroniche di Christian Fennez e la batteria di U.T. Gandhi. La brava Federica Michisanti conosce con il suo originale trio ulteriore proiezione internazionale ospitando una colonna del jazz europeo come Louis Sclavis (8 ottobre ADI Design).
Nel precedente articolo si parlava di nuove realtà coinvolte quest’anno da JazzMi in una programmazione jazzistica di ampio respiro: è il caso di Corte dei Miracoli (che intensifica un’attività già da tempo avviata) e soprattutto ARCA. In entrambi i casi si dà spazio e visibilità a gruppi giovani che maggiormente soffrono dell’asfittica chiusura della scena nostrana, ma devo dire che ARCA ha assemblato un cartellone denso di presenze che hanno già riscosso ampii riconoscimenti di critica per le loro prime prove discografiche: per esempio il pianista Fabio Giachino (6 ottobre), Archipelagos della batterista Francesca Remigi (gruppo già sperimentato che comprende tra gli altri il notevole clarinettista Federico Calcagno), Totem del bassista Ferdinando Romano (4 ottobre) d cui vi avevamo parlato già in tempi non sospetti. A mio avviso una bella vetrina del giovane jazz italiano, spesso più attivo all’estero che in patria. Altro punto a favore di JazzMi e di ARCA.
Nelle scorse edizioni il festival non ha mancato di proporci oltre alla ‘musica suonata’, anche quella ‘parlata/stampata’ e quella ‘filmata’. Quest’anno questi due settori si presentano con una fisionomia un poco diversa, anche perché dipendono molto dall’offerta corrente sul mercato editoriale e quello cinematografico, che non conoscono tempi molto floridi in generale, figuriamoci per la piccola nicchia jazzistica.
Per quanto concerne la ‘musica parlata’ si è tenuto botta con molta originalità. Non poteva esser diversamente, avendo messo in campo Claudio Sessa, uno dei più fini e vivaci scrittori di cose jazzistiche. Il quale ha avuto la bella idea di convocare il pianista Luigi Martinale per una serie di ascolti (anche su video) in cui si incroceranno l’approccio dello storico/saggista con quello del musicista militante, notoriamente molto distanti tra di loro. Prevedo un simpatico e vivace duello….. (1 ed 8 ottobre, Magnete).
La selezione cinematografica di quest’anno non è intrigante ed inedita come quella degli scorsi anni, dal momento che comprende in gran parte pellicole che già sono passate nel circuito distributivo normale, come ‘Whiplash’ e ‘Jazz Noir’ (rispettivamente 30 settembre e 5 ottobre, Anteo Palazzo del Cinema), che per alcuni possono presentare approcci discutibili al mondo del jazz (il secondo sovrappone una contorta trama noir alla già controversa e misteriosa fine di Chet Baker ad Amsterdam…. mah!). ’Straight Outta Compton’ (6 ottobre Anteo Palazzo del Cinema) invece è un’inedito che offre la possibilità di gettare uno sguardo sulla nascita e lo sviluppo del mondo del rap seguendo la vicenda di Ice Cube e la parabola del suo gruppo NWA: occasione utile per andare alla vera radice di un fenomeno di cui qui in Italia abbiamo un’idea deformata da opinabili imitazioni locali. Oltre a rinfrescare il ricordo di sontuose produzioni holliwoodiane come ‘New York, New York’ (20 ottobre) e ‘Cotton Club’ (3 novembre), il nuovo schermo dell’Armani Silos ci offre una rivisitazione decisamente più rara ed originale: ‘Paris Blues’ (27 ottobre). Questo film del 1962 di Martin Ritt (bella firma…), oltre ad offrici una sontuosa colonna sonora di Duke Ellington con interventi di Louis Armstrong, getta uno ‘sguardo dall’interno’ sul mondo dei jazzisti americani emigrati a Parigi, che, nonostante l’oceano di mezzo, dopo entusiasmi iniziali non riescono a lasciarsi alle spalle nei rapporti reciproci l’ombra della questione razziale. Cast di prima grandezza con Paul Newman, un Sidney Poitier agli inizi della sua carriera di icona black, Joan Woodward e Serge Reggiani.
Chiudo ricordandovi sempre la consultazione del sito , molto ben strutturato anche per ricerche con varie chiavi (luoghi, tipologia eventi etc.): tenete presente che molti degli appuntamenti segnalati sopra sono gratuiti, ma soggetti a prenotazione con varie modalità, presenti i relativi link sulle singole pagine. Buona abbuffata: mi raccomando nessun ritegno, dopo avremo un anno intero per digiunare…. Milton56
Il trailer orginale di ‘Paris Blues’: meno trombonesco dei coevi italiani, ma lascia in ombra alcune tematiche ‘problematiche’ del film…...
…. come questa….