Abitare ad un paio d’ore di automobile dalla città comporta dover effettuare delle scelte, e anche davanti ad un piatto sontuoso per quantità e qualità quale la settima edizione di JazzMi, il problema si pone comunque. Scegliere non è semplice, ma alla fine il giusto rapporto tra suggestione della proposta e orario che consenta un rientro prima delle luci dell’alba mi ha fatto scegliere una musicista che ancora non avevo ascoltato dal vivo, Federica Michisanti, alla testa di un trio nuovissimo con Emanuele Maniscalco alla batteria, Salvatore Maiore al violoncello e Louis Sclavis al clarinetto e al clarinetto basso.
La contrabbassista non è nuova alla collaborazione col prestigioso musicista francese, ma le precedenti esperienze erano avvenute con un diverso trio, e cioè Francesco Lento alla tromba e Francesco Bigoni al sax tenore e clarinetto. Quello ascoltato a Milano, nella magnifica sede del Museo del Design, è una formazione costruita per un repertorio di composizioni inedite e scritte appositamente dalla Michisanti, uno scricciolo di donna dal sorriso perenne e dalla cavata nitida e profonda sullo strumento.
Le atmosfere cameristiche, imperniate su temi ariosi e di evidente lirismo, mal si abbinano però al vasto spazio del museo, cosi’ che il suono è risultato dispersivo e non pienamente a fuoco. Aspetto accentuato anche dai timbri delle composizioni, giocate su colori tenui con rare aperture ad atmosfere più calde. Nonostante questi limiti però il concerto è stato del tutto godibile: la classe innata del clarinettista francese e l’ottima prova del trio italiano hanno conquistato un pubblico caloroso e, considerando le altre proposte di giornata, anche numeroso.
Poco meno di un’ora, compreso il bis, di musica raffinata e giocata spesso sullo scambio di parti solistiche tra il clarinetto basso e il violoncello del bravo Maiore. Ma poi, finalmente, nell’ultimo lungo brano prima del bis, una lunga e libera galoppata a due tra Sclavis e Maniscalco ha riscaldato animi e fantasia, restituendo quel ritmo a lungo tenuto a freno nelle composizioni di matrice classicheggiante.
A fine giornata, tirando le somme, non mi sono affatto pentito della mia scelta. Sclavis è sempre una garanzia di qualità, e il trio italiano è stato in tutto e per tutto completamente all’altezza del musicista transalpino.
Nella mia foto del concerto: nuove generazioni di jazz fans crescono