Stephan Thelen – Fractal Sextet (Alchemy records)

Stephan Thelen, musicista e matematico, immagina la propria musica come un oggetto geometrico, precisamente un frattale, costituito da tante parti, ciascuna delle quali tende ad assumere la forma originale dell’insieme. A questa idea il chitarrista elvetico ha consacrato buona parte della carriera della propria band elettro minimalista SONAR, assumendo poi il titolo stesso per le proprie produzioni soliste, i due capitoli di “Fractal Guitar”1 e 2”, ciascuno accompagnato da un gemello abum di remixes, cui da poco si è aggiunto un Volume 3 pubblicato, come gli altri, da Moon june records. In questa occasione Thelen riserva spazio alla dimensione collettiva della propria concezione musicale, dirigendo un gruppo composto da Fabio Anile, Jon Durant, Colin Edwin, Yogev Gabay ed Andi Pupato, musicisti che compaiono in molte altre parallele avventure musicali del titolare pubblicate negli ultimi mesi o in uscita. Il risultato, i sei lunghi brani che compongono “Fractal Sextet“,è una sorta di summa del meglio del progressive jazz che si può ascoltare oggi, una musica che media il minimalismo e la rigidità strutturale delle composizioni del Thelen di un tempo con un approccio emozionale, caldo e “romantico”, che penso potrà trovare sintonie fra gli appassionati del prog come nelle schiere dei curiosi apolidi fra i generi.

Se, infatti, ritroviamo i caratteristici tempi dispari e la conosciuta ripetitività metronomica nelle scansioni ritmiche, in questo contesto le tastiere di Fabio Anile creano fondali e svolte armoniche di ampio respiro, con spazi distesi nei quali anche le chitarre del leader e di Durant giocano un ruolo maggiormente orientato al lato melodico ed ambientale. Una svolta subito evidente nell’apertura di “Zeptoscope”, le cui iniziali barriere ritmico elettroniche lasciano spazio ad un refrain delle tastiere in grado di  smussare gli angoli  ed amplificare gli orizzonti spaziali del brano, popolati da un volo radente della chitarra elettrica che giustifica una delle similitudini possibili per questa musica, quella con Robert Fripp ed i King Crimson.

Fractal 5.7” ripropone i meccanismi chitarristici ad incastro e le rifrazioni spesso ascoltate dai Sonar, affiancando loro una sorta di carillon percussivo e pianistico che contribuisce, in sinergia con le ampie volute del basso di Edwin,  alla creazione di un clima sonoro fiabesco, mentre i ritmi si fanno più serrati ed il groove cresce in “Planet nine”, dominata dall’atmosfera drammatica e tesa del piano elettrico e delle chitarre e chiusa da un frenetico crescendo percussivo, uno dei momenti emotivamente più forti del lavoro. Altre prospettive sono proposte dal cadenzato passo dub di “Mise en abyme”, un’immersione nello spazio profondo in compagnia di sinistri rintocchi delle corde e dei tasti, che gradualmente, attraverso percorsi punteggiati da una chitarra infinita, si trasfigura in un avvolgente inno totalizzante ; così come dalle immaginifiche e solari atmosfere di “Slow over fast”, supportate prima da un travolgente tappeto percussivo drum and bass e poi cristallizzate in una pausa ambientale sul finale arricchita dalle percussioni metalliche e dal basso fretless.   Alla traccia bonus dell’edizione digitale “Point of inflection” è riservato il momento più concitato, una discesa nei meandri elettrici della danza tribale condotta da chitarre e percussioni, interrotta solo da un breve interludio del pianoforte acustico.

Un lavoro che testimonia una delle possibili evoluzioni del linguaggio musicale di Thelen, una parte nuova del frattale complessivo. Al telescopio, o meglio all’orecchio di chi ascolta, il compito di individuare similitudini ed analogie con la forma originale.

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