La chitarra di Pasquale Grasso: Bop’s not Dead!

PASQUALE GRASSO – Be-Bop! (Masterworks / Sony) Supporti disponibili: CD / Digital Download

La Sony continua a puntare molto su Pasquale Grasso, clamoroso esempio di musicista piuttosto negletto in patria che ha trovato negli States grandi soddisfazioni, sia dal punto di vista artistico che economico. Dopo la serie di album solisti che hanno avuto ampio riscontro mondiale, una preziosa ricognizione chitarristica sull’arte che amiamo “from swing to bop” (“Solo Standards”, “Solo Ballads”, “Solo Monk”, “Solo Bud Powell”, “Solo Bird” “Plays Duke”), il nostro continua in trio il viaggio in un ambito in cui è ormai una riconosciuta eminenza e forse varrà la pena, en passant, ricordare il giudizio/vaticinio espresso nel 2016 da un certo Pat Metheny quando gli chiesero di fare il nome di nuovi talenti: “Il miglior chitarrista che abbia mai sentito probabilmente in tutta la mia vita è in giro a suonare anche ora, e si chiama Pasquale Grasso” (il buon Pat ha poi ironizzato anni dopo su questa investitura così importante, ribadendo la stima e l’ammirazione per Grasso ma aggiungendo “…a volte tendo ad entusiastiche esagerazioni…”)

Tecnica virtuosistica, trame eleganti, souplesse, limpido sviluppo dei temi, assoli calibrati, cantabili e sempre cogenti, sembra facile la ricetta che ci viene proposta dal 33enne di Ariano Irpino ma, come sa chi si destreggia tra i tegami, i rischi del proporre certi piatti della tradizione sono spesso superiori alle rielaborazioni più o meno intellettuali degli stessi, il rischio del confronto diretto, o del dejà entendu, è forte, la gestione degli ingredienti richiede mano da antico speziale. “Be-Bop!” è il nuovo menu di uno chef che ama la tradizione e l’interpreta con aderenza e infinita passione, ad ogni commensale buongustaio toccherà poi trovare sfumature moderne in salsa old-fashioned, limpide citazioni pianistiche, giochi di rimando e finezza dell’interplay con l’ottimo bassista newyorkese Ari Roland, attualmente in orbita della Lincoln Jazz Orchestra ed il drummer texano Keith Balla, due tipini che formano una ritmica assolutamente di casa allo Small’s di New York, vale a dire in uno dei jazz club più importanti, e competitivi, del mondo.

Il walking bass di Ari Roland, docente online nella Lincoln Jazz Academy.
Sembra passato un secolo da quando per respirare un po’ di jazz durante il lockdown c’infilavamo allo Small’s, al Mezzrow e in altri club a respirare un po’ di musica.

Pasquale Grasso, cresciuto in Irpinia a pane, latte e jazz con il fratello Luigi (eccelso sassofonista anch’egli) (e di questo passo servirà un giorno fare un monumento al papà che ha acceso la scintilla del jazz nel frutto dei suoi lombi) ha sempre sottolineato la sua profonda devozione nei confronti di Art Tatum, Bud Powell e Thelonious Monk, tanto che il suo stile allo strumento è stato giustamente definito d’impronta pianistica.“Bud Powell è stato la mia ispirazione da quando avevo sei anni. tutto quello che suonava, note singole, accordi, le sue composizioni, mi hanno influenzato. E la stessa cosa è successa con Monk e Art Tatum e Teddy Wilson. C’era sempre qualcosa di pianistico ad attrarmi. E poi a nove anni ho iniziato a studiare con un grande pianista, Barry Harris. Quello era il sound che mi piaceva, ed ho provato a trasferirlo sulla chitarra.” Per chi volesse approfondire la conoscenza del Nostro ecco un link dal Jazz Times (non dalla Gazzetta di Roccasecca), a firma di Ted Panken, una delle migliori penne jazz al mondo, che dedica un’ampia ricognizione sui sogni newyorkesi di Pasquale Grasso:the pianistic guitarist.

Ma torniamo al disco in oggetto, per inciso ascoltato in versione CD magnificamente inciso dalla Sony, ma disponibile anche su Spotify: “Shaw ‘Nuff”, “A Night in Tunisia”, “Groovin’ High”, “Ornithology”….il repertorio Bird ‘n Diz-style brilla di luce propria e riflessa, pescando tra capolavori e brani meno battuti, come la gillespiana, deliziosa “I’m in a mess” che il gigante di Cheraw proponeva con un divertente testo cantato in scat da Joe Carroll, e che qui viene riletta dall’incantevole voce di Samara Joy, prodigioso fiore sbocciato nel Bronx, una ragazza poco più che ventenne che sta stupendo il mondo per padronanza tecnica e feeling, messa ora a contratto dalla Verve che giustamente vorrebbe farne una diva (volendo sul sito ufficiale si possono già comprare magliette, tazze, borse, cuscini…). Nel link sottostante, a testiminanza di un sodalizio già cementato da una valaganga di concerti, trovate Pasquale e Samara in viaggio (video ufficiale di Umbria Jazz). Nella playlist di “Be-Bop!”, disco che riconcilia con il jazz più vero, portandovi a fischiettare temi ed ascoltare rapiti, entusiasti o commossi, c’è spazio per un solo original: “Lamento della Campagnia”, titolo che non so se sia un refuso, si riferisca alla campagna, oppure alla Campania da dove proviene Pasquale, pare certo che sia ispirato da un’immortale ballad di Billie Holiday: “Some Other Spring”.

“Some other spring
I’ll try to love
Now I still cling
To faded blossoms”

(Courtesy of Audioreview)

  • Pasquale is an example of someone who’s like, ‘What obstacles?’” – (Peter Benstein) 

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