Non è dato sapere se a Marco Pacassoni, nell’atto di entrare in studio di registrazione con due maestri del jazz contemporaneo come John Patitucci ed Antonio Sanchez tremassero i polsi (il che per un vibrafonista sarebbe un bel problema). Quello che conosciamo è il risultato di quelle sessions tenute in due giorni a New York nel gennaio 2022, sotto forma di album pubblicato dalla Giotto music, che da poche settimane circola anche nel formato vinile: otto brani autografi del musicista di Fano più due jam finali che attestano il qualificato livello di Pacassoni come compositore e ne legittimano le “conversazioni”, quale strumentista, con colleghi d’oltre Oceano così blasonati.
In realtà Pacassoni non è nuovo ad esperienze internazionali, essendosi laureato,dopo il diploma al conservatorio “G. Rossini” di Pesaro, al Berklee College of Music di Boston con insegnanti quali Gary Burton e Victor Mendoza, e potendo annoverare, oltre a diverse esperienze nel campo della canzone d’autore italiana (Bungaro, Luca Barbarossa), collaborazioni con Michel Camilo, Alex Acuna e Greg Hutchinson, e frequenti tour in Oriente ed Australia.
“Life” è il suo quarto album come leader, e segue “Frank and Ruth” un originale ed intrigante omaggio alla musica di Zappa e della sua vibrafonista Ruth Underwood che qualche anno fa ebbi occasione di ascoltare in versione live apprezzando la capacità del leader di condurre in scioltezza un allestimento in folto organico poco usuale per le nostre latitudini.
Con queste premesse alle spalle, in pieno periodo pandemico, Pacassoni decide di inviare una mail a due musicisti che ha da sempre annoverato fra i propri ispiratori, Patitucci e Sanchez e, con sorpresa, riceve un riscontro di interessamento, seguito da vari approfondimenti fino al concretizzarsi dell’occasione di registrare insieme a New York, nel periodo in cui le frontiere si sono riaperte alla libera circolazione. Un solo giorno per registrare gli otto brani originali, sui quali Patitucci e Sanchez si presentano preparatissimi, ed il secondo residuo della prenotazione degli studios dedicato a due improvvisazioni collettive.
Nonostante il ridotto organico, “Life” sfoggia una grande varietà di climi sonori e diverse atmosfere, spaziando da brani che esprimono un dinamico groove ritmico (l’iniziale “Time vibes” o la celebrativa e virtuosistica “Italian creativity“) a liriche ballad dalla accentuata vena melodica (la title track e “Train trip” ) fino alle due improvvisazioni conclusive titolate “Conversation#1” e “Conversation#2″, la prima un tour de force ritmico/ percussivo, la seconda un esercizio più intimista ed atmosferico con il contrabbasso di Patitucci che spazia dal ruolo di motore ritmico a quello di creatore di spazi astratti con l’archetto. “Marimbass” fa risuonare in una bella melodia circolare le tavolette in legno dello strumento del titolo su una base ritmica sorniona che si anima nel finale con i breaks di Sanchez ed il solo del contrabbasso, il quale torna protagonista nella successiva “Valse a trois” con una estesa sezione solista in alternanza con il vibrafono. “Un lento bolero” si sviluppa sinuosa con un andamento sommesso, il motivo declamato dal vibrafono ed i successivi interventi del contrabbasso, ancora centrale nella definizione del clima del brano, e della marimba, per poi progressivamente spegnersi fino al silenzio.
Brano simbolo della propensione melodica di Pacassoni, ed uno dei più accattivanti del disco, è “Anita” , nel quale il gusto e la sensibilità dei due giganti statunitensi porta a ridurre al minimo il proprio apporto, per lasciare spazio alla bellezza espressa dal commovente tema.
Un bel biglietto da visita per le future avventure di Marco Pacassoni, “Life” è un disco su cui si torna volentieri, e chissà che le teorie circa le virtù benefiche attribuite agli strumenti percussivi che ne sono protagonisti non abbiano un reale fondamento.