Quando è stata la vostra prima volta?

Tranquilli, nessuno di noi è interessato a confessioni tra il comico e lo scabroso: non si tratta di una domanda licenziosa al limite della prouderie, l’oggetto della domanda invece riguarda la vostra prima volta a contatto con la musica jazz. Come è avvenuta ? Perché una prima volta comunque c’è stata, e, a parte coloro che grazie a genitori o fratelli/sorelle più grandi e più acculturati hanno avuto la strada spianata, il primo impatto di solito lo si ricorda e non sempre è stato piacevole.

Racconto allora la mia esperienza, convinto che se molti si riconosceranno nel canovaccio principale, altrettanti invece avranno percorso vie diverse, chissà, forse più tortuose o forse più semplici, magari più interessanti. Sarebbe interessante e piacevole conoscerle, anche per noi cinque amici di Tracce di Jazz . che forse riusciremmo a comprendere meglio il target degli appassionati che ci leggono.

Provengo da una famiglia operaia, pochi soldi e tanto lavoro, ma dove la musica aveva un posto speciale. Mio padre sapeva suonare ad orecchio ed era appassionato di musica lirica. Dischi pochi, e “l’impianto stereo” era la vecchia radio con il coperchio che si sollevava per ascoltare i 33 giri. Eppure fin da piccolo la musica ha avuto la capacità di regalarmi emozioni. I miei anni adolescenziali combaciano con l’esplosione del rock e non solo: eravamo a cavallo del ’68, Keruac, Ginsberg, il beat, il jazz, la psichedelia..

.Sono passato dai Rokes ai Jefferson Airplane quasi senza pause intermedie. Ogni album aveva il sapore della conquista: innanzitutto era tutt’altro che facile trovarli, impossibile poi ascoltare qualcosa da radio e tv impegnate a trasmettere tutt’altro, anche se oggi la situazione è notevolmente precipitata in peggio. Con i pochi amici malati di musica ci si ritrovava per religiosi ascolti dell’ultimo long playing catturato con fatica. Allora il menu era a base di Soft Machine, Grateful Dead, Frank Zappa, Caravan, Tim Buckley, Hendrix, Incredible String Band, ecc.ecc.

Poi i primi concerti, ricordo l’emozione di vedere ed ascoltare musicisti che allora (e forse qualcuno anche oggi) erano sconosciuti ai più : Curved Air, Van Der Graaf Generator, i primi Genesis, i Soft Machine appena orfani di Robert Wyatt e tanti altri in successione.

L’incontro con il jazz avvenne per caso. La biblioteca organizzò due serate : la prima con il trio di Romano Mussolini e la seconda con il quintetto di Nunzio Rotondo. A parte il cognome ingombrante non sapevo nulla ne di Mussolini ne di Rotondo. La prima sera mi annoiai terribilmente. Non era colpa del trio, ovviamente, ero io che non avevo gli strumenti e la conoscenza utili a decifrare quella musica. Il concerto di Rotondo fu invece una rivelazione: si presentò con un organico e dei temi direttamente ispirati al Miles elettrico di quegli anni. Nel dopo concerto parlando con noi ragazzi ci consigliò un disco a suo dire meraviglioso. Si trattava di Bitches Brew, il doppio album della svolta elettrica di Davis.

Appena riuscii a trovarlo fu grande la mia delusione: più mi incaponivo ad ascoltarlo più mi sembrava sfuggente, alieno, incomprensibile. Neanche il rock mi conquistava più, avvitato oramai su logiche commerciali da star sistem e ormai privo di quella spinta iniziale cosi’ originale e coinvolgente.

Per alcuni anni mi dedicai al blues e a quei suoi esponenti che più mi trascinavano : Sam Lightnin Hopkins in particolare, ma anche Otis Spann e Muddy Waters. Nel frattempo continuavo l’ascolto, ad intermittenza, di dischi jazz, ormai meno difficili da reperire, anche se solo in città e certamente non nel piccolo borgo dove vivo.. Mi piacevano le nuove avanguardie, il free, i musicisti della scuola AACM di Chicago .

Il coup de foudre avvenne nei tardi anni ’70 al Teatro Lirico di Milano, convinto da un amico andai ad ascoltare un super gruppo di chicagoani: Muhal Richard Abrams, Anthony Braxton, Malachi Favors, Lester Bowie e Charles Bobo Shaw . Folgorato , uscii dal teatro stravolto emotivamente, convinto di aver trovato finalmente una musica viva, vibrante, da amare incondizionatamente.  Il paragone con il rock di quegli anni, era l’epoca del punk, mi pareva mortificante, non riuscivo più a capire se avessi passato anni ad ascoltare una musica fintamente rivoluzionaria e di relativo spessore. Non era proprio cosi’ naturalmente, e lo compresi dopo anni di ascolti, concerti e letture che mi hanno meglio fatto comprendere sia l’evoluzione della musica rock che di quella jazz.

Da appassionato jazzofilo ho effettuato un percorso all’indietro, credo comune a molti della mia generazione, e cosi’ dalle avanguardie chicagoane sono passato all’ascolto e alla conoscenza dei giganti della musica nera, quelli che per ragioni generazionali non c’erano più o erano alla fine del loro percorso. Inutile dire che poco dopo il concerto al Lirico provai a riascoltare Bitches Brew: dalla prima nota mi parve magnifico ! 

Adesso, se vi va, tocca voi raccontare…

7 Comments

  1. Siamo nella metà anni settanta, avrò avuto 12 o 13 anni. Influenzato, a letto. Mia madre mi regala uno di quei dischi 33 giri che allora vendevano in edicola, della Curcio mi sembra, che prevedeva diverse uscite riguardanti la musica Jazz, quello era il numero 1 e lo conservo ancora (ma c’erano anche altre collane che riguardavano la musica classica, ecc.), Solo 8 brani, 4 per lato, Duke, Satchmo, Ella e Ray Charles. Ecco quello è stato il mio primo approccio al Jazz, esplosivo direi. Perché da allora è rimasto tale. Io già allora ascoltavo musica, anche se ero piccolino, ma di altro genere. La rivelazione di quella musica mi aprì orizzonti per me allora sconosciuti e mi aiutò come audiofilo anche nella conoscenza e all’ascolto di altri generi musicali. Quindi benedetta fù l’influenza e la mia cara mamma :))

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  2. Faccio parte di quelle persone fortunate. Fin da piccola con l’ascolto della musica lirica di cui mio padre era appassionato, col maestro di piano ho conosciuto e amato la musica classica, poi le mie sorelle e i loro cantautori italiani di nicchia e poi, figlia dei fiori, con i miei amici il rock (ricordo anche io le lunghe serate trascorse ad ascoltare un album nuovo, allora la musica la si “scambiava” e si viveva insieme), il blues e da lì al jazz il passo fu breve. E la bellezza dei concerti jazz di allora non la dimenticherò mai: Miles Davis, Anthony Braxton (rimanemmo una ventina ad ascoltarlo tutto), i Weather Report, Joe Zawinul ecc. Scattata la passione travolgente, ho continuato il mio percorso individuale di ricerca e studio sulle origini del Jazz. E ancora oggi le cerco. Con passione inalterata.

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  3. Disney. Ogni cartone animato era intriso di Jazz. Ricordo una versione del volo del calabrone per piano stile blue note che andrebbe inserita in un disco anziché lasciarla alla memoria di qualche appassionato. Ma soprattutto l’approccio jazzistico della disney ai suoi lavori: guardatevi the band concert, un rimaneggio geniale e assolutamente rispettoso dell’opera originale di Rossini dove le variazioni sulla partitura sono vere e proprie gag comiche, al contempo piacevolissime da acoltare. Se non è jazz questo. E più tardi l’apertura ai ritmi sudamericani, la scoperta della bossa nova in film come i tre caballeros ed altri ancora. E poi, Libro della giungla, la canzone “voglio essere come te” quando il re delle scimmie rientra in scat dopo gli assoli della scimmietta più piccola, giocando con il ritmo meglio di un rapper di trent’anni piú tardi… Potrei continuare all’infinito ma concludo: gli stimoli musicali della Disney dell’epoca d’oro erano di altissimo livello, una palestra per l’orecchio di un bambino, dove tutti i generi musicali venivano esplorati mescolati e tenuti vivi, attuali e potenti. Se non è jazz questo…

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  4. Ringrazio tutte le persone che ci hanno fatto parte della loro esperienza di iniziazione. Per la verità molto più numerose sul nostro spazio Facebook, ma va bene comunque. Quello che è apparso chiaro e che la nostra musica è conosciuta e amata da persone mature, pochi i giovani, dato che riflette non solo l’età media di chi ci legge ma soprattutto di chi frequenta concerti, festival, club e acquista album . Annoso problema al quale non si vede una soluzione facile. Purtroppo l’educazione musicale nel nostro paese è materia scolastica scomparsa e i media, vedi il massiccio bombardamento sanremese, si occupano prevalentemente di musica commerciale usa e getta. Comprese le pagine degli spettacoli dei maggiori quotidiani nazionali, ormai ridotte a cronache degne dei rotocalchi più sputtanati.Un dato, quello musicale, che riflette specularmente la decadenza culturale, l’arretratezza politica e sociale e la mancanza di conoscenza del bel paese.

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  5. Avevo undici anni e andai a Genova con mia mamma per comprare qualcosa di jazz e di musica classica in un negozio storico ormai defunto da anni e, credo, rimpiazzato da una libreria che forse ha pure cessato l’attività. Non avendo un impianto stereo, né tantomeno una fonovaligia, dovetti ripiegare sulle audiocassette che a quel tempo cominciavano a imporsi sul mercato. Scelsi una raccolta di Armstrong intitolata banalmente”Greatest hits”.
    C’ero andato consapevolmente dopo aver visto e ascoltato del jazz alla televisione con Franco Cerri, L’Orchestra Ritmico Leggera della Rai ecc… e nell’occasione comprai anche una cassetta di musica classica con il Bolero di Ravel. L’amore per la classica non sbocciò per poi emergere prepotente verso i quarant’anni, ma quello per il jazz prese una forma sempre più compiuta per arrivare fino al presente. In questo senso, sarò sempre grato al servizio pubblico che pur in maniera pionieristica mi ha dato qualche strumento di apprendimento e portato ad avvicinarmi al jazz. Oggi, ci sono a disposizione mediateche gigantesche, ma hai voglia a trovare qualcuno che ti trasmetta non dico passione, ma almeno un po’ di sana curiosità.

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  6. Sono nato e vivo tuttora in un piccolo paesino del Piemonte ed ho ormai 6 decenni di vita alle spalle. Alla fine degli anni Sessanta/inizio anni Settanta, senza Internet, con la sola RAI che monopolizzava radio e televisione, la musica imperante era quella proposta dal Festival di Sanremo, canzoni e basta. Lo ascoltai per la prima volta nel 1971 o giù di lì, non avevo nessuna esperienza o conoscenza musicale ma così ad orecchio non mi piacque. Fu l’unica volta che lo vidi. La musica mi piaceva ma l’unica cosa bella che riuscivo ad ascoltare erano le colonne sonore di qualche film (al cinema ovviamente). Altro non c’era e quindi il mondo della musica mi rimase estraneo per un bel po’ di anni, fino alle scuole superiori. Lì, in città, alcuni compagni mi fecero ascoltare Santana, Led Zeppelin, King Crimson, ecc. Rimasi folgorato, allora nel mondo non esistevano solo le canzoni cuore/amore o la musica classica che a quel tempo (poi ho imparato ad apprezzarla) mi annoiava. La cosa che mi piaceva di più in quei dischi non erano tanto le canzoni quanto i vari assoli strumentali. Il passo successivo fu quindi il jazz-rock con quelle lunghissime composizioni strumentali e relativi lunghi assoli (Weather Report, Mahavisnu Orchestra, Return To Forever, ma anche i dischi del periodo elettrico di Davis). L’approccio al mondo del jazz fu con “My Favorite Things” di Coltrane. Sconvolgente, quell’assolo di soprano mi convinse a comprarmene uno, iniziare a studiare musica e a suonare. Ho progressivamente ampliato il mio raggio d’ascolto ed ora, a seconda dell’umore, posso ascoltare indistintamente il ragtime di Joplin, lo swing di Duke Ellington, il bebop di Parker, il Free, il jazz elettrico e il jazz contemporaneo, la musica classica (Bach, Chopin, Mahler, Sostakovic soprattutto) e il rock degli anni 70 (oltre ai già citati, Frank Zappa), Quello che continuo a non riuscire ad ascoltare è il Festival di Sanremo.

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  7. … vite parallele…😉, sax soprano a parte. Comunque il Terzo Canale Radio degli anni ’70 offriva interessanti occasioni di ascolto: io mi ero ricavato un po’ di registrazioni in cassetta… Milton56

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