LA PRIMAVERA DI FERRARA

La Torre di S.Giovanni un po’ di tempo fa…..

Come saprete, io ho un palese debole per il Torrione di San Giovanni, un luogo veramente magico dove si crea veramente quel transfert tra pubblico e musicisti che è l’ingrediente segreto delle grandi serate jazzistiche. Ed i primi a sentire questa ‘elettricità’ sono i jazzmen, che hanno regalato alla Torre performances che in altri ambiti non ho visto eguagliare. A mio avviso, una serata a Ferrara è un regalo che tutti i veri appassionati di jazz prima o poi devono concedersi.

In questi ultimi giorni ha preso il via la seconda parte della stagione del Club, destinata a protrarsi sino all’inizio di maggio. L’offerta è ricchissima e diversificata, per un panorama completo vi rinvio alla loro pagina web; dal canto mio come al solito cercherò di offrivi un mio percorso personale a mo’ di spunto.

Innanzitutto vi segnalo vari appuntamenti con la Tower Composers Orchestra, che grazie al maternage del Torrione  va sempre più rinsaldando i ranghi ed acquisendo una fisionomia definita: molto interessanti anche le scelte di repertorio, vedi una loro registrazione di classici mingusiani reperibile su BandCamp a costo molto contenuto.

Nel cartellone molto ramificato mi sembra di intravedere una caratteristica spesso ricorrente: la presenza di formazioni miste tra jazzisti nostrani di profilo già definito e consolidato e loro colleghi americani che spesso provengono da esperienze molto rappresentative della più vitale scena d’oltreoceano. Una prassi molto comune in decenni passati, molto meno negli ultimi anni: una commistione che tornerà a dare grandi frutti in termini di apertura e crescita soprattutto delle nostre leve più giovani.

Dado Moroni trio, anni fa a Beverly Hills (CA)

Dado Moroni non ha certo bisogno di risciacquare i suoi panni nell’Hudson, avendoci vissuto e suonato per anni (vedi clip sopra). Oltre a offrirci il suo pianismo raffinato e moderno, il suo trio presenta un organico tutt’altro che frequente, con Alberto Marsico all’organo ed Alessandro Minetto alla batteria. Sul leggio composizioni di Les McCann, musica densa di umori gospel, soul e blues che ci riporteranno nel cuore dei più caldi anni ’60. Si preannuncia una serata molto godibile (11 febbraio)

Lanzoni si è già concesso un trio di gran livello internazionale (Thomas Morgan ed Eric McPherson….); le sue riletture di standard moderni in ‘Mirage’ sono quantomai stimolanti

Alessandro Lanzoni e Jure Pukl quartet; è l’occasione di ascoltare uno dei più fini pianisti italiani (lo dimostra anche il livello delle sue collaborazioni, a partire dal quartetto di Roberto Gatto), abbinato ad una ritmica di gran classe con gli americani Joe Sanders e Kendrik Scott, che hanno militato con personaggi della levatura di Charles Lloyd e Gerald Clayton (25 febbraio).

Altra joint venture transoceanica è quella del pianista Wayne Horvitz (già nei Naked City di John Zorn, tra un’infinità di altre cose), con Francesco Bigoni al tenore, Danilo Gallo al basso e Zeno de Rossi alla batteria (10 marzo).

Con Ralph Alessi (recentemente a fianco di Uri Caine e Jason Moran) alla tromba, Florian Weber pianoforte e Marc Ferber batteria siamo nel mezzo della cutting edge newyorkese (18 marzo)

Ritorna poi il continente musicale brasiliano con il pianista Amaro Freitas, sempre più in luce negli ultimi mesi anche in Europa (24 marzo)

L’interessante Kalaima di Orefice

Il sax di Filippo Orefice lo abbiamo ascoltato proprio tra le file della menzionata Tower Composers Orchestra: ora si presenta alla testa del suo Kalaima Trio , che ha da poco pubblicato un album omonimo con l’etichetta tedesca Aut Records, molto attenta alle giovani voci italiane. Occhio al pianista Fabrizio Puglisi (31 marzo).

Il trio di Hank Roberts attira già in virtù del leader, ma leggere il nome di Aruan Ortiz al piano è un richiamo irresistibile: si tratta di un brillantissimo pianista cubano che ho visto a fianco di Don Byron e David Murray, due veterani fuoriclasse che hanno rischiato egualmente di esser messi un po’ in ombra dal nostro uomo alla tastiera (1 aprile).

Aruan Ortiz in trio, giusto per capire di chi stiamo parlando

Il ‘Portrait of Tony’ di Francesco Bearzatti è senz’altro una doverosa rivisitazione della vita e della musica del clarinettista Tony Scott, il prototipo dell’unsung hero. Ma questo concerto dall’andamento narrativo vede un palpabile coinvolgimento emotivo del nostro sassofonista, anche lui personaggio dall’esperienza variegata e dalla intensa carica vitale e comunicativa. Dietro di lui un gran gruppo ben rodato, attenzione alla chitarra di Federico Casagrande; Giovanni Evangelista al basso e Zeno de Rossi alla batteria lo rendono poi formazione di classe assoluta nel nostro panorama (8 aprile)

L’appuntamento con Romero Lubambo (ve ne ho già parlato a proposito di Orvieto) e Chico Pinheiro è imperdibile per gli amanti della chitarra ‘hollow body’, ed anche per coloro che hanno subito il fascino della moderna bossa nova, i cui percorsi continuano ad incrociarsi con quelli del jazz statunitense (22 aprile).

Anche il trio del bassista Igor Legari presenta molti motivi di interesse, non ultimo la presenza alla ance di Marco Colonna, uno sperimentatore audace e lucido. Il triangolo è completato da Ermanno Baron alla batteria (28 aprile)

Di norma la stagione si conclude con la fine di aprile, ma quest’anno il Torrione ha voluto sorprenderci con un gran finale aggiunto in corsa: nientemeno di Steve Coleman ed i suoi Five Elements, gruppo ormai storico della scena statunitense, un’occasione di ascolto non molto frequente alle nostre latitudini e negli ultimi anni. Per gli amanti del sax alto (io, per esempio) segnalo che di recente Coleman si concede molto di più come strumentista, sfoggiando il suo inconfondibile, dinamicissimo fraseggio. Un gran bel modo di festeggiare la Giornata Internazionale del Jazz, sia pure in differita di un giorno.

A voi la scelta. Milton56

I Five elements a ranghi completi al Bim Huis di Amsterdam, un paio di mesi fa

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