Buonanotte e grazie, Dusko Goikovich.

Se n’è andato anche Dusko Goikovich (1931-2023), che gli sia lieve la terra.

Dusko chi?” mi sembra di sentire questo punto interrogativo volteggiare nelle menti di molti jazz-fans che per mille motivi non hanno incrociato l’arte di questo straordinario musicista che ha vissuto per la musica che tanto amiamo.

Una decina d’anni fa, per la precedente versione di TdJ, riuscimmo ad avvicinarlo, tramite la Enja che ne ha documentato una parte assai importante di carriera. All’epoca usciva un disco live (“The Brandeburg Concert”), Dusko era perfettamente attivo nonostante le 83 primavere, e allora riproponiamo quella breve intervista con relativa introduzione, unitamente ad alcune clip di corredo che spingerà qualcuno a rispolverare degli album in cui suona Dusko Goikovich, jazzista vero.

Sulle Tracce di….Dusko Goikovich

E’ un grande piacere per TdJ incontrare Dusko Goikovich, un musicista che con la sua tromba ed il suo flicorno ha certamente segnato la storia del jazz in Europa. Nato 83 anni fa in un piccolo paese della Bosnja Erzegovina (allora ovviamente Yugoslavia) ha mosso i suoi primi passi suonando nella Big Band di Radio Belgrado, per poi trasferirsi nella Germania Ovest dove tra il ’55 e il ’58 la sua carriera da jazzista ha preso definitivamente il via, consentendogli di suonare, tra gli altri, con americani del calibro di Stan Getz ed Oscar Pettiford.

Fu comunque Maynard Ferguson a notarlo e ad inserirlo nella propria Big Band come seconda tromba, un’esperienza che lanciò definitivamente Dusko quale eccellente trombettista da big band e solista molto raffinato. Il sestetto col quale rientrò in Europa stabilmente nel ’66 fu il primo a considerare la musica dei balcani, portandola di fatto dentro il jazz (“Swingin Macedonia” è generalmente considerato la pietra d’angolo del cosidetto “Balkan Jazz”) e negli anni seguenti altre collaborazioni stratosferiche a fianco di colleghi trombettisti quali Miles Davis e Dizzy Gillespie, e ancora Gerry Mulligan, Sonny Rollins, Duke Jordan, Slide Hampton, la Kenny Clarck – Francis Boland Big Band.

In Italia il sodale più fedele fu il compianto Gianni Basso, amico di mille concerti e sax solista in “Balkan Blue” (1997) una delle opere più famose a firma di Dusko. Fondamentale è la sua felice produzione discografica presso Enja, non particolarmente florida ma di gran qualità, nel quale troviamo band di grande spessore internazionale, nobilitate via via dalla presenza, per esempio, di pianisti come Mal Waldron, Tete Montoliu, Kenny Drew, Tommy Flanagan, Kenny Barron, insomma il gotha mondiale. Quando GianCarlo Roncaglia nel suo “Il Jazz e il suo mondo”  tratta del jazz dall’est è molto esplicito: “(…) Su tutti, poi, primeggia da molti anni il montenegrino Dusko Gojkovich che, oltre ad essere uno dei più grandi trombettisti europei, è da decenni una delle figure di spicco del jazz mondiale” (1998, “Il Jazz e il suo mondo”)  

Oggi Dusko è tornato, pubblicando un nuovo lavoro dal vivo: “The Brandenburg Concert”, morbide composizioni di grande eleganza, con profumi balcanici e latini, esposte con relax e classe, un disco di facile ascolto ed immediata presa, com’è nello stile di questo defilato jazz-hero, e proprio da questo nuovo cd prendiamo le mosse(*). 

TdJ) “The Brandenburg Concert” è il tuo ultimo lavoro uscito per Enja e possiamo tranquillamente considerarlo il “Dusko with strings” della tua discografia. Ci racconti la genesi di questo lavoro?  

(DG) L’album “The Brandenburg Concert” raccoglie 9 mie composizioni suonate con la la famosa “Brandenburg string orchestra” e devo dire che rappresenta la realizzazione di un mio vecchio sogno: registrare i miei brani con un’orchestra d’archi. Non credo ci siano poi molti musicisti che abbiano avuto la fortuna e l’occasione di fare questo, naturalmente ci furono Charlie Parker, Clifford Brown, Stan Getz e poi non so chi altri, ma in generale questa è un’occasione rara, che nell’intera storia del jazz moderno non si presenta certamente molto spesso, per quanto ne so. L’idea è stata realizzata grazie all’aiuto della Enja del mio vecchio amico Matthias Winckelmann in collaborazione con il mio manager Vladislav Tomanic e di Uwe Schwideski, sempre della Enja, che si è occupato delle registrazioni. Cercavamo da anni (!) un bravo arrangiatore che potesse essere coinvolto in questo progetto e dopo anni di ricerche e tentativi alla fine abbiamo avuto la fortuna di lavorare con Peter King, un eccellente sax contralto ed arrangiatore londinese col quale ho suonato spesso in passato, sempre su dischi della Enja.

TdJ) Il repertorio arriva tutto dal tuo personale Songbook…

(DG) Si, il materiale è stato scelto dopo numerose discussioni con gli amici di cui vi ho detto prima e sebbene io non fossi affatto contrario all’idea d’includere alcuni standards il gruppo ha scelto di suonare mie pezzi, scegliendoli tra i 130 che ho composto nella mia carriera (non esattamente pochi). Beh, io ne sono stato naturalmente molto felice e si, sembra che alla fine sia andato tutto molto bene.

TdJ) Il tuo gruppo, che in questo Live interagisce con agli archi, si muove con estrema fluidità. Ce ne vuoi parlare?

La decisione finale riguardo la sezione ritmica è stata per la maggior parte mia, suono con questi eccellenti musicisti in piccoli gruppi da molti anni, e con loro c’è un feeling che dipende in parti uguali dal loro talento, e dal reciproco feeling musicale, “common ways of thinking and vibes”.

Fortunamente Peter King si è unito a noi anche come solista, e come parte integrante del quintetto jazz che dialoga con gli archi. Per quanto riguarda il “vostro” Renato Chicco, che è professore alla Jazz Academy di Graz in Austria, è anch’egli un mio vecchio amico, con cui ho suonato molto da quando è tornato da New York, dove ha visuto, e suonato, per molti anni. E’ originario dell’area di Trieste, possiamo considerarlo mezzo italiano e mezzo sloveno, insomma io e lui ci capiamo molto bene. Il bassista arriva da Skopje, Macedonia, anche se ora vive a Colonia, mentre il batterista Vladimir Kostdinovic è di Belgrado, serbo come me, ed ora vive in Austria, insomma un giro di musicisti “Ex Yugo” che si è formato, un po’ accidentalmente e un po’ no, attorno al mio progetto con gli archi.

TdJ) Nella tua incredibile carriera hai suonato con i più grandi jazzisti al mondo, la lista abbiam provato a farla ma sarebbe davvero troppo lunga, c’è qualcuno di loro che vorresti menzionare, al cui spirito ti senti anche oggi particolarmente vicino?

(DG) “…particolarmente vicino nello spirito” …Beh, se mi chiedi questo devo ammettere che io ho sentito per molti anni questa cosa, ed il nome è: MILES DAVIS. Lui naturalmente non era solo un mio buon amico, ma anche una grande influenza musicale, è del tutto naturale ammettere che sono stato molto influenzato dal suo modo di suonare la tromba, specialmente nelle ballads con la sordina. Durante il mio periodo newyorkese ci incontravamo spesso, lo andai a trovare a casa sua e poi appena potevo l’ascoltavo dal vivo nei club, imparando moltissimo solo guardando e ascoltando.
Certo, però non solo Miles, ci tengo a dirlo….non posso assolutamente sottostimare l’influenza che hanno avuto su di me Dizzy Gillespie, Clarck Terry e Clifford Brown, giusto per citarne tre che cerco di portare sempre con me.

TdJ) Da “glorioso veterano” cosa pensi dell’attuale scena del jazz europeo?

(DG) Ti dirò che non amo ergermi a giudice, ma avendo viaggiato molto e con differenti gruppi in turneè in svariati paesi ti dirò quel che penso. Noto anzitutto, con piacere, che ci sono un gran numero di buoni jazzisti giovani, talenti che escono dalle scuole di Jazz, con un gran bagaglio di tecnica e capacità a maneggiare lo strumento. Quello che manca nella maggior parte dei casi, è una sorta di “personalità” e caratteristiche peculiari, sia di tono che di espressione nel loro modo di suonare.

Sai, non è facile descrivere al meglio ciò che intendo, ciò sto provando a dirti, ma forse la cosa che ci va più vicino è una frase che Miles mi disse un giorno mentre conversavamo di musica: “Non è importante che pezzo suoni, ma COME lo suoni!”. Ecco, io penso che questo sia l’essenza di tutto il discorso, espresso in una sentenza. Come accennavo poc’anzi comunque ci sono molti buoni musicisti in giro, non li conosco tutti per nome, e non mi sembra il caso di farne, ce ne sono davvero tanti. Ovviamente ce ne sono anche altrettanti che non incontrano affatto il mio gusto…e non voglio fare nomi neanche stavolta, sebbene li conosca bene. Come detto prima, non pretendo di ergermi a “giudice jazz”…ce ne sono già tanti che credono di esserlo.

TdJ) stai programmando qualche nuova registrazione in quartetto o quintetto attualmente?

Si, certo, ci sono alcuni piani, ma ancora non vorrei parlarne, amo prendermi tutto il tempo necessario, non mi piace avere fretta quando c’è la musica in questione (detesto avere pressioni ”hurry-hurry”) .

TdJ) Il tuo legame con l’Italia è molto solido. Ti vedremo in Italia nel prossimo periodo?

Dunque, sono stato invitato a Bari a gennaio per un concerto con la big band locale “Jazz Studio Orchestra” di Paolo Lepore,(col quale ho suonato molti anni fa nelle vesti di ospite) e in precendenza per molti anni sono stato a Torino, con l’Orchestra di Fulvio Albano, ho molti amici nel vostro paese, ma per le prossime gig…parla al mio manager! Adoro suonare in Italia, ci vengo da più di 50 anni, incluso ovviamente le molte volte che ho suonato col mio vecchio amico Gianni Basso, spero di tornarci molto presto, e d’incontrare dal vivo anche i lettori del vostro portale!

TdJ) Grazie Dusko, è stato davvero un piacere, ringraziamo Matthias Winckelmann che ha reso possibile questo incontro, e arrivederci…

Piacere mio! My best regards to all jazz lovers in Italy. 

Hope to see You soon, CIAO-CIAO!!!

Dusko Gojkovic

(*) TdJ ringrazia la Enja Records e Silvia Valderrama dell’Egea per la disponibilità e la collaborazione.

3 Comments

  1. Che tristezza. Una delle prime meraviglie jazz che ho ascoltato alla radio era un programma di Adriano Mazzoletti, dove avrebbe dovuto esserci un concerto di Dexter gordon e Dusko Gojcovich. Ma suonò solo Dusko, e alla fine spiegò perché. Ero lì per Dexter, ma scoprii Dusko…

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  2. Ricordo di averlo visto a Umbria Jazz moltissimi anni fa, suonava in un locale che si chiamava “il panino” se non ricordo male. Un bel dopo-concerto.
    Mi sembra ci fosse anche Massimo Urbani. R.I.P.

    Piace a 1 persona

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