Andrea Paganetto – “Ianua”

Una delle divinità più note ed importanti della religione romana è Giano, cui si associa l’aggettivo bifronte a causa della preposizione a tutti i riti e movimenti di passaggio, le soglie, le porte, gli inizi. A partire dal nome della divinità è stata elaborata la teoria, una delle tante, sull’etimologia del nome della città di Genova, che riconduce il termine Ianua (ovvero porta) al campo di azione del dio Giano: Genova da un lato affacciata sul mare e dall’altro rivolta ai monti che la circondano. Di Genova di mare e di monti parlava anche la compianta cantante Roberta Alloisio che intitolò proprio “Ianua” un suo disco basato su una raffinata sintesi fra canzone popolare, cultura genovese e musiche del mondo. Lo stesso termine ricorre ad intitolare il terzo lavoro del trombettista ligure, ma della parte di levante, Andrea Paganetto, registrato con il chitarrista Maurizio Brunod, il contrabbassista Marco Bellafiore, il batterista Rodolfo Cervetto ed i due illustri ospiti Francesco Bearzatti a saxes e clarinetto e Anais Drago al violino, pubblicato da Orange Home Records, etichetta anch’essa basata in terra ligure ed impreziosito dallo scatto di copertina del fotografo Franco Fontana. In un contesto musicale totalmente diverso e contando su voci solo strumentali, sempre di un viaggio immaginario si tratta, che lasciamo qui introdurre al “timoniere” :”Ianua prende spunto dall’antico nome di Genova, una delle ‘porte’ che si affacciano sul Mediterraneo – dice Paganetto. E’ un viaggio nelle rivisitate sonorità del Mare Nostrum ma non solo: l’illusione dell’ esotismo, dei viaggi occidentali verso la via della seta e delle rotte navali che improvvisamente per errore ti portano in luoghi sconosciuti. Un viaggo che abbiamo sottolineato con un suono il più possibile caldo e avvolgente anche nei momenti di maggiore tensione dialogica e libertà espressiva .”

Il senso dell’avventura e della scoperta inattesa è, in effetti, una delle suggestioni evocate dalle otto tracce del cd, tutte originali con l’eccezione della ripresa di “Abidan” di John Zorn, una composizione in tema con un lavoro che vive di forti contrasti ed alternanze emotive, momenti concitati e dinamici seguiti da spazi di riflessione ed incanto, che improvvisamente trovano punto di sintesi in alcuni momenti di particolare coesione: proprio come può accadere quando ci si affida a percorsi appena accennati, si esplorano le diverse possibilità, e la direzione finale si definisce strada facendo.

Si parte dai ritmi scanditi in veste latin dall’agile drumming di Cervetto e dalla morbida cavata di Bellafiore con una “La porta” che mette in fila una sequenza di assoli di chitarra, sax e tromba quasi a presentare i diversi caratteri dei protagonisti: l’assertiva eleganza delle corde, la prolifica concitazione del tenore e le ampie volute descrittive della tromba creano un groove che verso la fine del brano avvolge completamente l’ascoltatore.

Dal brano successivo, con il suggestivo titolo “Le forme del mare“, risulta evidente l’importanza, nella definizione del clima complessivo del disco, della chitarra di Brunod, vera macchina di invenzioni sonore che spazia dai loop elettronici, come quelli che introducono il brano in questione e ne segnano l’intero sviluppo anche nel dialogo con le frasi cariche di pathos della tromba, alle essenziali scansioni ritmiche, dal gusto melodico sempre controllato fino allo sconfinamento in territori informali.

Il brano di Zorn, incentrato su una melodia di stampo medioorientale e sulla caracollante scansione ritmica, si infiamma presto sulla spinta della chitarra e quindi lascia spazio ad un lungo solo in totale libertà espressiva del violino di Anais Drago per poi tornare gradualmente alla struttura definita con la tromba in evidenza sull’incandescente fronte sonoro dei due strumenti elettrici. A “Teseo” va la nomina del momento più intimo, dolce e da me preferito del disco: una minimale melodia ricamata dal pizzicato delle corde e dal contrabbasso, subito ripresa dalla tromba cui si aggiunge il clarinetto, mentre prende corpo un passo in levare della ritmica che accompagna i successivi dialoghi fra la chitarra ed il clarino, e la compiuta esposizione del tema ripreso dall’intero ensemble. Altre piccole perle solistiche e compositive sono da scovare in “Verdeacqua“, introdotta da un altisonante tema della tromba, ma poi ricca di ricercata intimità nele parti soliste affidate alla chitarra ed al contrabbasso, ed in “The market“, scritta ed introdotta da Bellafiore, brano che alterna tensioni e stasi, affidando prima ad un suggestivo solo della tromba e quindi al suo dialogo con la chitarra tutta la sezione centrale fino al termine.”Geber“è una suggestiva ballad dalla tinte immaginifiche cui il monologo iniziale della chitarra, ed il solo violino conferisocno una suggestiva atmosfera vagamente retrò.

Chiude il programma “The cage III” improvvisazione collettiva introdotta dai loops della chitarra elettrica, che prosegue una serie inaugurata dai precedenti dischi di Paganetto, “Nove” (OHR 2017) e “Liverno“(Caligola 2020): gli strumenti si aggiungono progressivamente alla chitarra a partire dal sax, fino alla creazione di una massa sonora articolata e libera, da cui emerge per pochi secondi una cellula ritmica strutturata, subito assorbita dal caos collettivo che si stempera nella declamazione finale dei fiati.

Il disco restituisce un clima di fervida creatività e sintonia da parte di un collettivo creato per l’occasione, che si augura possa tornare presto a lavorare unito: ” I giorni della registrazione presso gli studi Orange Home di Leivi (Chiavari) di Raffaele Abbate sono stati fantastici, racconta Andrea, perché si è creata fin da subito una forte alchimia umana e artistica sfociata in momenti di intenso interplay. Anche i due ospiti ( Francesco Bearzatti e Anais Drago ) grazie alla loro preparazione e sensibilità si sono inseriti perfettamente nel quartetto. Questo tipo di ricerca e intenzione sonora mi rimanda, forse più a livello inconscio, al tema dell’inclusività . Un’inclusione musicale, armonica e umana.

4 Comments

  1. Sono una vostra “follower”, e si dà il caso che sia anche genovese. E che mi sia piaciuto molto questo articolo e il brano musicale proposto.
    1. Posso condividere, copiandolo, il post sul mio blog (faminorehome.wordpress.com), ovviamente citando il vostro blog e il nome dell’autore con un hyperlink?
    2. Posso pubblicare solo parte del testo, cioè fino a “la direzione finale si definisce strada facendo.”, e l’ultimo paragrafo da “Il disco” a “armonica e umana”? Ovviamente ricorrendo a “[…]”.
    3. Posso pubblicare anche la bellissima foto di Franco Fontana?
    Accetterò qualsiasi risposta (anche nessuna), e casomai pubblicherò solo il brano prendendolo da YouTube.
    Grazie!
    FA minore

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    1. Ciao Francesca, nessun problema per riprendere e citare i contenuti di TDJ. Quanto alla foto, è sulla copertina del cd, quindi….Grazie dell’attenzione, particolarmente gradita anche da genovese. A presto. Andrea

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