Tempo fa l’Impolitico mugugnava sull’aria di chiuso che si respirava in parecchie ‘piccole stanze’ del c.d. ‘jazz italiano’. Ed invece ecco arrivare un album che le finestre le spalanca d’improvviso su cieli aperti e spesso luminosi.
Manco a dirlo è il lavoro di un musicista che seguiamo da tempo. Ma sì, diciamolo pure, un nostro beniamino: Francesco Chiapperini. Che in questo frangente ritorna ad un vecchio amore, quello della grande formazione, già manifestatosi con ‘The Big Earth’ del 2018 (recensito agli albori di Tracce di Jazz 2.0). Stavolta è di scena un nonetto, impresa al limite del temerario in una scena musicale ancora alle prese con i postumi Covid e già minacciata da un clima da retrovia in armi.

Ma il coraggio non esclude certo il mestiere e la buona mano organizzativa: questo nonetto cresce su alcuni moduli ed elementi già lungamente sperimentati e rodati da Chiapperini. Innanzitutto il suo trio WE3 da cui provengono il batterista Stefano Grasso ed il bassista Luca Pissavini . Anche con il pianista Simone Quatrana (altro nostro pallino) e con il sax tenore Daniele Cavallanti corrono relazioni consolidate da anni e da molte prove comuni (Insight Trio con Quatrana, il battagliero World Of Sound ed i Nexus con Cavallanti). Si aggiungono poi il sax alto di Andrea Ciceri, la tromba di Vito Emanuele Galante, la cornetta (!) di Mario Mariotti e la chitarra elettrica di Alberto Zanini. Mettiamo in campo il sax baritono, il clarinetto basso ed il flauto di Chiapperini ed abbiamo di fronte una vera big band tascabile. Che vanta un ulteriore collante: l’appartenenza comune ad una scena milanese un po’ ‘underground’ e per niente trendy, che io definirei dei ‘puri & duri’ che vantano evidenti radici nella tradizione afroamericana anni ‘60/’70 e in certo jazz progressivo inglese all’incirca delio stesso periodo. In una parola l’humus che ha generato le varie reincarnazioni dei Nexus.

Le esperienze di jazz per grande formazione sono ormai molto rare in Italia; a parte pochissimi casi, si tratta quasi sempre di ensembles di occasione, che per forza di cose sono contraddistinti da un’ansiosa e quasi spasmodica aderenza a parti scritte e rigidi arrangiamenti. Niente a che vedere con la duttilità e la scioltezza con cui il nonetto di Chiapperini si muove nelle parti d’assieme: certo la band ha potuto contare su alcune date dal vivo, ed anche la registrazione dell’album è stata condotta in presenza di pubblico, ma forse ad esser determinante ai fini di questa coesione è soprattutto uno spiccato senso comunitario che origina dalla comune adesione ad una stessa cultura musicale.
Le parole che meglio definiscono questo gruppo sono ‘passione’ ed ‘urgenza espressiva’, che si percepiscono chiaramente in tutti i brani del loro book (tutti originali), da quelli di maggior impatto ed effetto (e sono diversi) a quelli più complessi e ‘pensati’. Nonostante la grande varietà di atmosfere e situazioni musicali che si susseguono nel disco, lo stesso è percorso da un incessante dinamismo che non viene mai meno nemmeno nei frequenti cambi di passo, improvvisi ‘stop and go’ sempre fluidi e rapidi. Viene talvolta da pensare al miglior Mingus orchestrale, anche per l’alternarsi di momenti febbrili con improvvisi squarci di distensione lirica.
Molto si deve ad una ritmica indomita ed incalzante, animata dal basso pulsante di Pissavini e dal beat vario e frammentato di Stefano Grasso. A fare poi da cerniera con la corposa sezione dei fiati sono la dinamica ed inquieta chitarra di Alberto Zanini e soprattutto il pian o di Simone Quatrana, che, lungi dal fornire un solido e convenzionale pilastro di accompagnamento, tallona e pressa i solisti con accordi martellanti e percussivi, spesso sottilmente destabilizzanti. Da un solista del suo calibro non ci si aspetta niente di meno, ma in un contesto così allargato il suo contributo alla definizione della fisionomia di gruppo è veramente di gran peso.
Con un retroterra del genere i solisti godono di un ‘lancio’ molto efficace, intessendo con il resto della formazione un rapporto dialettico del tipo ‘call and response’, dove spesso ad uno slancio quasi epico dell’ensemble fa riscontro un’intensa concentrazione dei solisti. Tra questi, molto notevoli Cavallanti al tenore, Pissavini al basso, Zanini alla chitarra e lo stesso leader Chiapperini ad un abrasivo baritono.
Questo autentico viaggio musicale lo trovate inscatolato in un Cd della Splas(H) reperibile presso i consueti negozi online (l’ho visto persino su di un paio di siti giapponesi…. Laggiù hanno orecchie lunghe…). Al nonetto non resta che augurare di poter proseguire la sua navigazione in mare aperto, approdando sulla sponda di altri palchi live: la parola qui è agli uomini dell’organizzazione, che speriamo non perdano l’occasione di una proposta senz’altro originale e sicuramente coinvolgente per un pubblico ampio. Milton56
Ancora dalla sessione di registrazione alla Schighera. Qui sugli scudi gli uomini dei ritmi, Pissavini, Quatrana e Zanini. Ma poi entra il passionale e rovente Cavallanti…..
Quando la musica è buona, i timpani finalmente riposano e si comincia a sognare o andare via sulla delizia delle note.
Ha ragione (o meglio
dire concordo, parlando con un Maestro), proprio un bel gruppo quello formato, una fresca novità musicale che fa pace anche col passato, traendone il meglio.
Grazie.
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