Debbo fare pubblica ammenda: mi sono permesso di fare delle ironie sul più importante festival italiano ma, come si legge, anche all’estero tira una brutta aria. Brutta per noi appassionati, si intende, perchè invece per il marketing ed il botteghino pare siano tempi da ricordare.
Al festival di Juan les Pins sono approdato nel lontano anno 2000: in cartellone Mingus Dinasty, Sonny Rollins, Keith Jarrett trio. Mica fanfole. E l’arena immersa nella pineta era sempre gremita fino all’inverosimile. Cosa sia successo in questi anni è abbastanza facile da ipotizzare anche se difficile da digerire sopratutto leggendo l’articolo che linko a fine post :
Questo festival è conosciuto anche con il nome – la Capitale europea del jazz, ed è davvero un must per gli appassionati di questo genere, non solo dell’Europa, ma di tutto il mondo. Jazz à Juan è un luogo perfetto per una musica straordinaria.
See, come no, se gli altri nomi sono come questi sai che goduria. La globalizzazione ha colpito anche i festival jazz, ormai trovi gli stessi musicisti (pop, hip hop, rock e via elencando) dappertutto. Scarseggiano i jazzisti, ma a questo ormai ci stiamo tristemente abituando cosi’ come ormai ci siamo assuefatti ad una stampa specialistica asservita alla ragion di stato .
Vietato criticare, impossibile parlarne, proibito anche solo accennare, pena la perdita della preziosa pubblicità…..e purtroppo non so dar torto a chi si trova al timone di magazine dedicati alla nostra musica. Il momento non è certo favorevole, in gioco c’è la sopravvivenza, che sarà mai un Jamiroquai , tanto le arene si riempono più di quando c’erano i Rollins ed i Miles….
Tracce di Jazz 
ben detto.
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