Ed eccoci a Treviso, città d’acqua. Anche qui fiorisce un piccolo festival, che, subita la quarantena, recupera parte importante della programmazione agli inizi di settembre. Piccolo miracolo di tenacia, che peraltro deve molto anche qui ad un forte e concreto supporto della città.
Ed infatti per la prima volta nella sua storia si vede messo a disposizione il bel Teatro del Monaco, già sede di intensa attività concertistica. E ‘Treviso Suona Jazz’ ricambia l’attenzione, riempiendo palchi e platea (ovviamente anche qui dovutamente ‘distanziati’) con una serata di gran livello. E non si parla solo del lustro del leader.

Era di scena infatti il quartetto di Enrico Rava, l’ultimo e forse il più bel regalo che l’inossidabile guida carismatica del jazz italiano potesse farci. Francesco Diodati alla chitarra, Giovanni Evangelista al basso ed Enrico Morello alla batteria hanno ormai percorsi individuali ben avviati e caratterizzati, e spiccano in una promettente nouvelle vague che da qualche anno si sta facendo strada con proposte fresche e stimolanti. Ma ogni volta rispondono alla chiamata del loro leader-mentore, a volte come quartetto, altre come nocciolo duro di quella Special Edition ‘a geometria variabile’ che da più di un anno ormai porta in giro per l’Italia e non solo una sorta di vetrina dei nostri talenti più brillanti.
Ma il quartetto è qualcosa di speciale. Sarà la lunga consuetudine ed il costante rodaggio sul palco (il lusso della stabilità sembra che ormai se lo possa permettere quasi solo un padre nobile come Rava), ma questa piccola formazione è ormai un congegno musicale raffinato e perfettamente oliato, capace di fondere un costante, ma non esibito, spirito di avventura con esiti estetici ed espressivi notevoli: connubio che di questi tempi è alla portata di pochissimi, specie dalle nostre parti.
Apre gli oltre 90 minuti di concerto il flicorno di Rava, con il suo lirismo laconico e crepuscolare, e fortemente concentrato su timbro ed espressività del suono, cui ci ha da tempo abituato. Ma da subito affiora un’evidente controcanto dialettico del trio, che ribolle sommessamente di un continuo flusso di audacie, stimolando il leader ad indulgere spesso ad inusuali tempi veloci e fraseggio a tratti graffiante.

Dopo quella di aver messo insieme forse il più bel quartetto d’Italia, Rava ora si è tolto anche la soddisfazione di vedere compiutamente realizzato sul palco il nocciolo essenziale della filosofia musicale di cui spesso parla in varie occasioni: ‘l’arte del togliere’. A cominciare da un Diodati in continua crescita, con il suo solismo incisivo ed immaginoso, ma basato su idee nitide e ben sviluppate senza accavallamenti e ridondanze tipici di molti suoi colleghi. Parte notevole del suo fascino ed originalità viene da un uso dell’elettronica molto parco e del tutto complementare alla manualità del musicista: circuiti e microprocessori si vendicano imponendo qualche piccolo momento di stasi, dovuto alla macchinosità delle interfacce con cui soprattutto i chitarristi devono ancora confrontarsi.
Ma questo ancora non basterebbe a generare l’immagine raffinata ed avventurosa che il gruppo proietta senza il concorso del basso di Evangelista, che soprattutto in assolo appare centrato sul registro medioalto dello strumento, generando un fraseggio agile e contraddistinto da grande nitidezza e precisione, doti non frequenti tra gli esponenti del suo strumento. All’ariosità ed all’inquieto fascino del gruppo dà poi il tocco decisivo la batteria febbrile e fremente di Enrico Morello, capace di una leggerezza ricca di colori che lo rendono una sorta di ‘’esprit de finesse’ con le bacchette.
A questo punto, qualche sottile ed attento lettore mi potrà chiedere: “visto che in barba ai propositi iniziali di quest’estate
ci hai intrattenuto per un bel po’ sulla musica e sulla creatura di quello che jazzisticamente parlando si può pure ritenere un ‘padre della Patria’ (non per niente è Cav. ….), finisci l’opera indicandoci dove si può ascoltare la musica di questo benedetto quartetto”. “E qui casca l’asino”, replico io: né il quartetto, né men che meno la più ampia Special Edition sono in qualche modo documentati discograficamente. E ciò in barba ad oltre un anno di continui concerti per tutt’Italia, Europa, con puntate anche in Sud America. E nonostante il fatto che un Rava in frenetica attività risalti ancora in tutta evidenza nel catalogo di una ‘nota etichetta bavarese’. La cosa mi lascia francamente alquanto perplesso, ma il discorso ci porterebbe molto lontano, ed una ‘cartolina’ come questa certo non basterebbe.
Ad ogni modo, rovistando nel Grande Tubo alla ricerca di qualche clip recente del quartetto, ho trovato questa sorta di medley realizzata l’anno scorso dal Torino Jazz Festival, che peraltro trasmette molto limitatamente la dialettica interna ed il nervoso dinamismo percepiti a Treviso, che senz’altro necessitano di spazi più ampii. Ma questo passa il convento, e quindi godetevelo. Milton56