Fra i pianisti italiani della “generazione di mezzo”, Fausto Ferraiuolo, di origini partenopee e studi e carriera in giro per l’Italia ed all’estero, è uno di quelli che da sempre ha curato una pluralità di interessi in diversi campi artistici, abbinando all’attività strettamente musicale di didatta, compositore ed esecutore, avviata nel 1989 con il primo piano trio, anche l’incontro con diversi contesti multimediali, nei quali la sua musica affianca immagini o spazi scenici .
Fra le sue esperienze figurano le colonne sonore per i film “L’avventura di una bagnante“(tratto dalla novella di Italo Calvino e prodotto da Rai tre), “L’erba proibita” “Libero Arbitrio” di Francesco Guarnaccia, video-installazioni, sonorizzazioni di film muti, oltre ad una lunga esperienza al fianco del regista Pippo Delbono sia quale compositore del commento musicale ai film “Guerra” e “Grido”, che nelle tournèe mondiali di diversi spettacoli teatrali della “Compagnia Pippo Delbono” come “Guerra”, “Esodo”, “Il silenzio”, “Gente di Plastica“.
Allievo di Enrico Pieranunzi ai Seminari di Siena Jazz, ha frequentato i corsi di perfezionamento tenuti da John Taylor e George Cables, e di musica d’insieme con Paul Jeffrey e Benny Golson, approfondendo a New York il linguaggio tradizionale con Barry Harris.
Un notevole bagaglio di esperienze, grazie alle quali ha plasmato una cifra stilistica personale e riconoscibile, che privilegia una sorta di narrazione emotiva nelle composizioni originali, un approccio creativo agli standards ed al materiale popolare, e favorisce un profondo rapporto dialettico con i compagni di avventure musicali, soprattutto nella dimensione favorita, quella del piano trio. In questa configurazione Ferraiuolo ha prodotto i più recenti dischi, per la casa discografica abeat, da“ Blue and Green” del 2004 con Ivo Parlati ed Aldo Vigorito a “ Changing Walking” del 2007 con Alfred Kramer e Piero Leveratto, da “Artnam/Mantra” con Riccardo Barbera, Mattia Barbieri e l’ospite Johannes Faber alla tromba, a “Ponti sospesi” con Antoine Banville e Mauro Gargano, costruito sul confine fra classica e jazz.
Il suo ultimo lavoro “Il dono“, pubblicato nel 2020 e registrato con Aldo Vigorito ed il grande batterista Jeff Ballard, ha riscosso notevole interesse fra gli appassionati, risultando anche fra i preferiti dei lettori di traccedijazz nel sondaggio di fine anno.
Abbiamo quindi pensato di approfondire la sua conoscenza, scambiando quattro chiacchere, nella dimensione consentita dalle circostanze.
Come si diceva, il tuo cd “Il dono ” ha riscosso notevole apprezzamento da parte dei lettori di traccedijazz. Ci racconteresti qualcosa della sua genesi ?
“Il Dono” è un disco che vuole esprimere, nella sua diversità compositiva, un senso di leggerezza, e di piacere all’ascolto. Con Aldo Vigorito c’è un affiatamento e un’intesa sin dagli inizi della mia carriera, è sempre un piacere suonare con lui. Con Jeff non avevo alcun dubbio che si sarebbe creata quella magia inspiegabile, è una personalità forte, di grande duttilità e con un grande senso dell’ascolto. Difatti fin dalle prime note sapevo che sarebbe andata così. L’approccio di Jeff alle mie composizioni è stato molto naturale e spontaneo, come se avessimo sempre suonato assieme, ed il suo drumming ha saputo valorizzare ogni mia composizione. Per esempio nel pezzo “Baires” sarebbe stato molto facile scivolare in una ritmica scontata, magari facendo accenni alla musica sudamericana: Jeff è riuscito invece a tenere sempre viva la tensione senza nessun cedimento e senza banalizzarne il ritmo. La stessa intesa si è creata tra Jeff e Aldo.
Con qualche eccezione, il trio domina le tue ultime registrazioni , quelle per abeat. E’una formula che ti consente le migliori condizioni per uno scambio fra persone e musicisti, per quel gesto di donare e ricevere del quale parli a proposito dell’ultimo cd e del suo titolo?
La musica è un dono per chi la esegue e per chi l’ascolta, per me inoltre è una maniera di ricambiare il debito di gratitudine nei confronti della vita, verso quello che abbiamo ricevuto, verso quello che ci è stato trasmesso. Quest’azione è un’apertura che ci arricchisce a sua volta immediatamente. Ho sempre amato la libertà che ritrovo suonando in trio. Il mio primo disco “The secret of the moon” (Dischi della quercia), lo registrai nel 1997, ed al contrabasso c’era proprio Aldo Vigorito.
Quali sono i piano trio che nella storia del jazz ti hanno maggiormente influenzato ed affascinato?
Come per molti pianisti della mia generazione, il trio di Bill Evans è stato un punto di riferimento importante. In seguito, ho incontrato musicisti come Lennie Tristano o Barry Harris che hanno contribuito alla mia formazione e hanno consolidato le mie basi. Ma sicuramente resta il trio la formula a me più congeniale.
So che con la mia città, Genova, hai un rapporto particolare per gli anni trascorsi come insegnante al Conservatorio e molto altro. Che ricordi conservi della scena ligure del jazz, purtroppo oggi ridotta al lumicino, ed hai ancora rapporti con i suoi protagonisti?
Ho un ricordo molto vivo ed ancora riesco ancora a tenere legami con i musicisti, molti sono anche dei cari amici e ci sentiamo ogni tanto per scambiarci le idee. Quest’ estate ho risuonato con Anna Sini, Claudio Capurro, Daviano Rotella e Andrea Romeo. Con molti di loro ho anche partecipato alla registrazione di “Sound of night” di Anna. Inoltre sono stato un fondatore del jazzclub Count Basie. Avevo una discreta attività tra l’insegnamento al Conservatorio e l’attività in club.
Il Count Basie appunto, sta lanciando una serie di concerti in streaming il venerdì sera, per dare un segnale di vitalità anche in questo periodo di blocco delle attività live. Cosa ne pensi di questo strumento, che qui a traccedijazz stiamo seguendo con attenzione per capire se ci siano prospettive di sviluppo ? Ed in generale come stai affrontando questo periodo?
Diciamo che non sono un gran sostenitore della musica non “dal vivo”…per il semplice motivo che non si è presenti nella sala dove si suona e non si riceve la stessa emozione che vale sia per i musicisti che per gli spettatori. Cosi come non credo alla didattica a distanza per gli stessi motivi. Certo però che per far fronte a questo periodo di distanziamento può essere un modo per restare in contatto con la musica. Io sto affrontando questo periodo facendo progetti lavorando e provando in teatro, studiando, e continuando ad insegnare.
Altro legame con la Liguria è la tua esperienza con il teatro di Pippo Delbono, che considero uno degli autori più interessanti ed originali del momento. Ci puoi raccontare la tua esperienza dentro al suo particolare modo di fare teatro ?
Ho un ricordo molto bello di quel periodo, ho girato il mondo, ho conosciuto persone straordinarie. Ho lavorato circa 10 anni con Pippo Delbono, scritto per 4 spettacoli e diversi film. Mi è sempre piaciuto il momento di creazione perché si partiva dall’improvvisazione un po’ come nel jazz. Per questo e tanto altro la Liguria rimarrà sempre per me nel mio cuore.
Oltre al teatro, la tua musica è stata commento delle immagini di diversi film. Pensi che comporre per immagini fornisca spunti ulteriori o esiti diversi rispetto a quando si registra per un disco?
La musica deve raccontare qualcosa o far immaginare scene di un film per esempio. Certo le immagini a volte mi aiutano, ma non per forza bisogna commentarle con la musica. L’ altro giorno ho visto un bellissimo film francese dove la colonna sonora era stata affidata a Charlie Parker. Alla fine molto dipende dalla forza della composizione.
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Fonte foto di copertina: TusciaUp