Dal Rubalcalba ‘in effigie’ – l’annunzio di un futuro disco – a quello ‘in persona’ del suo concerto che il 23 luglio ha aperto l’edizione 2021 del valoroso festival Fano Jazz By The Sea (bisognerà spenderci più di qualche parola sopra, alla vigilia del suo trentennale).
In tutta sincerità, devo ammettere di non esser gran frequentatore del mondo musicale ‘latin’, il cui peso e la cui incidenza viceversa crescono sempre più sulla scena statunitense (per tacere degli storici innesti sul tronco del jazz che rimontano a metà degli anni ’40). Temo di esser in buona compagnia anche nella piccola riserva indiana della jazzofilia italiana. I motivi possono esser diversi: scarsa diffusione discografica (ai tempi..), deludenti approcci con banalizzazioni turistiche in chiave ‘world music’ (purtroppo talvolta anche ad opera di musicisti un tempo di solide radici)….
E poi si fa presto a dire ‘latin’: è un’autentica galassia in cui ruotano molti e ben distinti sistemi musicali. La musica cubana fa parte a sé, ad esempio, soprattutto per la tenacia con cui ha conservato i suoi ‘caratteri originari’: il che non ha peraltro impedito un’intensa interazione a vari livelli, ma sempre da pari a a pari, con diverse tradizioni musicali, in prima linea con il jazz, ingombrante ‘vicino di casa’.
Ad esempio, da qualche decennio ormai siamo di fronte ad una vera e propria ‘scuola pianistica cubana’, che in ambito jazzistico ha ormai un ruolo analogo a quello avuto da quella russo- sovietica nella musica europea del ‘900.
Di questa linea di discendenza fa parte a pieno titolo Gonzalo Rubalcalba, ‘scoperto’ da Charlie Haden alla fine degli anni ’80 (con seguito di diversi album a fianco dell’indimenticabile bassista) e da allora ‘traslocato’ sulla scena americana. Brillantemente, come dimostrano i due Grammy Awards conferitigli nella categoria ‘Best Latin Jazz album’, per tacere da una sequela di nominations.
Nonostante queste credenziali, l’esordio in solo sul palco della Rocca Malatestiana è di quelli che impressionano: assoluta padronanza strumentale, grande nitidezza ed incisività del fraseggio che peraltro non vanno a detrimento di una grande espressività e cura nel maneggio del colore. I temi sono scelti con cura ed hanno trattamento quanto mai variato e raffinato sin nel minimo dettaglio, sin quasi a sovrastare la sostanza intrinseca dei materiali tematici. Qualche intenditore di musica cubana ha osservato che si notano alcune tracce di acclimatamento alla scena americana, ma frequentando gente come Haden, Corea od Hancock è facile che ti rimanga appiccicato alle dita un po’ di percepibile ‘blues tinge’.
Quando sale sul palco la cantante Aymee Nuviola, abbiamo poi la risolutiva ‘prova del nove’ della gran classe pianistica di Rubalcalba: quella dell’accompagnamento che, pur rimanendo sempre un passo indietro alla voce, è impossibile non notare per il timing perfetto di certi interventi, oltre che per la loro finezza esaltata da un’essenziale leggerezza.
I due hanno condiviso il periodo di quarantena studiando insieme per ovviare alla privazione dell’esperienza del palco, molto sentita soprattutto dal pianista, che vi ha ripetutamente alluso nel corso della serata. Ed i frutti si vedono, valorizzati dall’essenzialità della formula del duo che ne esalta le caratteristiche individuali meglio di organici più ampii in cui recentemente si sono pure esibiti.
Le lodi con cui Rubalcalba presenta la ‘carismatica’ Nuviola non sono sprecate: la notevole statura d’interprete della cantante le consente di misurarsi con degli standard della musica latina anche piuttosto frequentati e che in mano d’altri facilmente riuscirebbero anche usurati. Una sottile vena di distacco, e quasi d’ironia, neutralizza la convenzionalità di materiali molto frequentati: il resto lo fanno un’ammirevole trasparenza della vocalità e della dizione (perfetta, sembra quasi di ‘leggere’ i testi). La maturità della Nuviola è anche rivelata dall’attento controllo dei suoi notevoli mezzi tecnici, che pure le consentirebbero di sedurre a buon mercato il pubblico con exploit virtuosistici.
L’integrazione con il pianista è perfetta, ed avviene soprattutto sul terreno di un’asciuttezza ed intensa essenzialità che è spesso cifra distintiva di molta musica cubana. Il che non impedisce peraltro alla Nuviola di mostrare la sua naturale comunicativa con il pubblico, che si coinvolge spontaneamente in una performance che peraltro rimane sempre di alto livello ed aliena da qualsiasi concessione al facile intrattenimento.
Un esordio di notevole livello e brillantezza per Fano Jazz, premiato anche da una consistente partecipazione di pubblico, rapportata alla difficoltà del momento ed alla tormentata gestazione della manifestazione. Seguono altre cronache dalla Rocca, stay tuned. Milton56
E’ un’informale sessione di studio, ma il clima è molto vicino a quella della performance di Fano……
1 Comment