Come promesso, rieccomi per completare il giro d’orizzonte sulle grandi occasioni jazzistiche del primo scorcio del 2022, con particolare attenzione al panorama internazionale. Prima però di immergerci nel festival bergamasco, due segnalazioni per arricchire il quadro.
La prima riguarda Mantova, dove dopodomani sabato 5 febbraio sarà di scena l’intrigante coppia Sylvie Courvoisier / Mary Halvorson, cui accennavo nella scorsa puntata. Rammento che questo duo ha alle spalle una recente prova discografica di notevole fascino, ‘Searching for the Disappearing Hour’ (Pyroclastic): musica che gioca con grandi spazi silenziosi facendovi guizzare invenzioni sulfuree ed ingegnose. Caldamente raccomandata a curiosi ed avventurosi
‘The Disappearing Hour’, ricomparirà a Mantova?
La seconda riguarda l’intenso febbraio della Casa del Jazz di Roma, che Luciano Linzi ci ha segnalato nel suo commento all’articolo precedente, cui rinviamo per la sua efficace sintesi. Una sottolineatura particolare per Roots Magic l’11, Tim Berne/Matt Mitchell anche qui il 13, il 15 Craig Taborn (!), il 18 Simone Graziano. Monitorare il prosieguo qui.
E veniamo a Bergamo Jazz Festival, che insieme alla prestigiosa sede del Teatro Donizetti ha recuperato anche la sua consueta collocazione di metà marzo (giovedì 17 – domenica 20), dopo la ‘edizione straordinaria della ripresa’ del settembre scorso (ve ne abbiamo parlato a suo tempo).
La formula ‘festival’ ovviamente comporta una maggiore densità di programmazione, che a sua volta implica per lo spettatore scelte ispirate ad una delle varie ‘linee’ che percorrono sotterraneamente il cartellone. Direi che quella che si impone con la maggiore evidenza ed immediatezza è quella del piano jazz contemporaneo, anzi direi del grande piano jazz protagonista.
Si inizia da subito la sera del 17 con il trio di Vijay Iyer, ancora diverso da quello recentissimo di ‘Uneasy’: c’è Matt Brewer al basso (spesso con Steve Lehman) e Jeremy Dutton alla batteria (di recente con Joel Ross). Conoscendo l’intuito e la lucidità dell’Iyer leader, sicuramente cova qualche ulteriore novità se sono stati scelti bassista e batterista che vengono da percorsi sinora piuttosto distanti da quelli del leader. La serata è resa ancor più attraente dalla programmazione di un secondo set con il quartetto di Roberto Gatto, anche lui caporchestra dall’occhio fino, visto che si circonda di tre brillanti giovani talenti italiani: Alessandro Presti alla tromba (un ‘italiano d’America’, ormai), Alessandro Lanzoni al piano e Matteo Bortone al basso, che hanno già dato belle prove da leader in proprio.
Il 18 un altro ‘pezzo da novanta’ della tastiera: Fred Hersh ed il suo trio (Drew Gress basso, Joey Baron batteria) ospitano Enrico Rava, che nonostante i decenni di musica sulle spalle e qualche preoccupazione che ci ha procurato negli ultimi tempi continua a dare prova di grande vitalità e curiosità (splendido il concerto improvvisato della sua Special Edition ad Orvieto, ne parlermo, ve lo prometto). L’affinità Hersh – Rava è di quelle di per sé evidenti, che ti fanno dire: ‘ma perché non ci hanno pensato prima?’. Infatti stanno preparando un album che uscirà prossimamente per ECM.
Ad Umbria Jazz lo scorso luglio
‘Non c’è due senza tre’, ed infatti il 19 appare addirittura Brad Meldhau in solo. Non so perché, ma mi viene spontaneo metterlo in relazione dialettica con Iyer: due modi diversi di vivere l’emozione in musica, quella lucida e proiettata in avanti di Vijay, quella più sottilmente ed intensamente lirica di Brad. Ma sono schemi che facilmente verranno messi sossopra, perché in qualche modo entrambi ‘giocano fuori casa’. Iyer con un nuovo trio, e Meldhau con un’infrequente esibizione in solo che potrebbe facilmente risentire della rimeditazione della sua adolescenza rock cui Brad dedicherà il suo ‘Jacob’s Ladder’ in uscita appunto a marzo. Altra bella scommessa.
Nelle mani di Meldhau la ‘Bittersweet Symphony’ dei Verve di Ashcroft prende il volo…Nel 2010 a Vienne, Francia
Nel finale di domenica 20 gli 88 tasti di Gonzalo Rubalcalba saranno al servizio della voce di Aymeè Nuviola: ma questa storia tutta cubana ve la abbiamo raccontata quest’estate.
Naturalmente Bergamo Jazz riempie tutta la città (ed anche i dintorni), non rimane chiusa nei begli spazi del Donizetti e del Sociale. Intorno al fil rouge del piano c’è anche molto altro, da cui mi limito a scegliere le cose per me più intriganti e rare. Federico Calcagno avrà finalmente la sua occasione di farci ascoltare i suoi Dolphians: non è da tutti presentarsi sulla scena nostrana scegliendosi una fonte d’ispirazione così ardua ed impegnativa, peccato che questo bel gruppo rientri ormai nelle fila di quelli che io chiamo gli ‘emigranti creativi’ (ragione in più per non farseli scappare prima che ritornino in Olanda). Gli amanti della chitarra di frontiera non devono assolutamente mancare l’appuntamento del 19 con Ava Mendoza : a più di tre anni di distanza ricordo ancora la sua formidabile performance nell’Unruly Manifesto di James Brandon Lewis.
Altre musiche, altri luoghi, ed anche altre immagini le troverete qui : non è proprio il caso di stare a dieta, a quello ci penseremo dopo. Milton56
L’evasione dalle Prigioni della Nostalgia, appesi al filo elettrico di Ava Mendoza. James Brandon Lewis ‘Unruly Manifesto’, Padova Jazz Festival 2019