L’Arte del duo (Pieranunzi / Fonnesbaek live)

Abbiamo intercettato il duo Pieranunzi/Fonnesbaek in un concerto gardesano inserito in una fitta tournée  , la sera prima i due avevano suonato a Roma, la sera dopo erano attesi a Copenaghen. Un Pieranunzi rilassato, in gran forma, ha scelto di rileggere alcune pagine dal suo songbook con uno dei bassisti con cui attualmente si trova più a suo agio, e che conosce il repertorio a menadito, ovvero Thomas Fonnesbaek, un sodalizio che ha già fruttato ben quattro album, due in trio e due in duo, un format questo da sempre amatissimo dal pianista romano, che lo ha saggiato suonando face to face con jazzisti del calibro di Chet Baker, Jim Hall, Lee Konitz, Phil Woods, Marc Johnson, giusto per citare alcune pregiate collaborazioni con dei giganti del jazz.

Location: siamo nella Riserva Naturale Rocca di Manerba, accanto al Museo Archeologico, da dove si dipanano vari sentieri tematici dove un po’ jazzisticamente convivono piante che appartengono a climi diversi, grazie alla presenza del lago.

In questo viaggio musicale le vele si sono spiegate fin dall’inizio, con l’elegante pianismo di Pieranunzi ad ammaliare il pubblico conquistandone immediatamente la completa attenzione tramite l’esecuzione di composizioni dal passato, in perfetto equilibrio con un Fonnesbaek dalla cavata piena, densa, melodicamente acceso e pronto a rilanciare frammenti melodici con inspirati, brevi assoli accompagnati ora da un sofisticato walking bass, ora da frastagliati accordi del pianoforte, con cui stabilisce fin da subito un interplay denso e concentrato.

L’impegnativa “Tales From The Unexpected“, largamente improvvisata, ha aperto il concerto, brillante esempio d’uso di forme compositive che potremmo definire eurocolte, applicate ad un fluire prettamente di stampo jazzistico. Dopo l’esecuzione di “Come Rose dai Muri” e di “Molto Lontano”, cameo dedicato allo sfortunato collega Luca Flores, è lo stesso Pieranunzi a spiegare al pubblico che anni fa questi brani, dall’impianto cinematografico, potevano anche non essere considerati come jazzistici, nonostante contenessero momenti improvvisati erano ritmicamente lontani dal jazz comunemente, ed universalmente, inteso. Eppure, ascoltare per l’intero concerto brani originali che coprono quarant’anni di carriera ci ha consentito di godere di una variegata greatest hits, mutevole visto che il repertorio cambia anche profondamente ad ogni concerto, seguendo l’istinto dei due e l’esprìt del momento, e di apprezzare le varie anime del pianista romano, la cui grande capacità compositiva dovrebbe essere messa in rilievo, testimonianza viva di come nel jazz la scrittura rivesta ancora un’importanza decisiva, a dispetto di quel che a volte si è portati a pensare. Giusto per chiarire il quadro entro il quale Pieranunzi opera da sempre sono scrosciati gli applausi sia sulla ballad, vagamente chopiniana, “Je Ne Sais Quoi” che sul danzante 3/4 “Blue Waltz” (titolo anche di un cd del duo assai riuscito) e non ci sono mai stati cali di tensione proprio grazie alla bontà di tali composizioni, alla loro leggibilità, al desiderio di raccontare una storia avvincente, di ricomprendere nella propria poetica sponde in fin dei conti non troppo lontane, spesso usando il ponte magico del Blues. Come bis “Fellini’s Waltz” ha chiuso l’incanto dopo un’ora e quindici minuti circa d’ininterrotto dialogo a due.

La rassegna manerbese chiuderà la propria stagione il 10 Settembre, nella stessa location, con un concerto di giovani jazzisti; la ribalta sarà infatti concessa ad “Orpheus In The Underground” per il trio pianistico Riccardo Barba / Nicola Ziliani / Federico Negri. Facciamo conoscenza con questo trio allegando una clip dal loro ultimo lavoro discografico, carico di fascino e modernità.

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