Fabrizio Bosso quartet – “We Wonder”

Ricordo con affetto la mia copia in vinile di “Songs In The Key Of Life” il doppio album del 1976 di Stevie Wonder, che presentava, come bonus, un EP con altri quattro brani, testimonianza di una vena compositiva che le quattro facciate non erano riuscite a contenere del tutto. Per Wonder, all’epoca tornato alla Motown con un contratto milionario dopo avere sfiorato l’idea di lasciare la musica al culmine della popolarità, quel titolo rappresentò l’apertura di una nuova fase artistica che avrebbe prodotto negli anni successivi molti altri apprezzabili lavori. “Songs” però rimase ineguagliato : consumato a suon di ascolti, quel disco, sostituito anni dopo da una meno lussuriosa ma più efficiente copia in cd, rappresenta, nella mia esperienza di ascoltatore, uno dei più riusciti frutti dell’arte di comporre ed interpretare canzoni. Ventuno brani, ciascuno dei quali avrebbe avuto la dignità di occupare il lato A dei 45 giri di una volta. Ed in parecchi casi andò proprio così, con almeno due brani (“I wish”” e “Sir Duke“) schizzati al vertice della Billboard chart, altri diventati hits a livello mondiale (chi non ha mai ascoltato “Isn’t she lovely?”) vari grammys vinti e riconoscimenti che sono proseguiti fin nel nuovo secolo, con l’inclusione dell’album nella Grammy Hall of Fame e nel Registro delle registrazioni della Libreria del Congresso degli Stati Uniti accompagnato dalla “targhetta” di “opera significativa sotto il profilo storico, culturale ed estetico”.

Una fascinazione simile a quella da me provata immagino possa avere coinvolto, fatte le debite differenze sotto il profilo cronologico ed artistico, anche Fabrizio Bosso, se, nell’ideare il proprio tributo a Stevie Wonder, il musicista torinese ha deciso di attingere per oltre la metà del lavoro proprio a quel doppio album. Registrato con il proprio quartetto, con il fidato Julian Oliver Mazzariello al pianoforte, Jacopo Ferrazza al contrabbasso e Nicola Angelucci alla batteria e con la fondamentale partecipazione di Nico Gori al sax e clarinetto, “We Wonder” (Flying Sparks) esprime tutto l’amore per l’opera del settantaduenne autore e cantante statunitense senza rinunciare ad innestare nelle compiute costruzioni armoniche e melodiche di Wonder un contributo personale in qualità affermati e raffinati jazzisti, ricostruendo le celebri canzoni in equilibrio fra rispetto degli originali e creazione.

L’album, anticipato dal singolo “Overjoyed“, una ballad tratta dall’album del 1984 “In square circle“, qui tutta giocata fra il piano elettrico e la tromba che le conferisce una suadente patina vintage, si concede solo un paio di ripescaggi dal primo repertorio di Wonder: una “My Cherie Amour” del 1969, che innesta sul romantico tema una fiammeggiante chase fra tromba e clarinetto, e “Visions” dall’album “Innervisions” del 1973, resa in una suggestiva veste blues ballad scandita dalla spericolata sordina di Bosso e con corposi assoli del contrabbasso e pianoforte. Gli altri brani appartengono al periodo successivo, dal celebre doppio album in avanti: “I wish” ricrea in chiave acustica e con arrembante passo swing il groove elettrico dell’originale, concludendo su una serie di gustosi breaks della batteria. Il clima corale disco di”Another star” è trasfigurato in chiave modale, con il pianoforte di Mazzariello in bella evidenza, la tromba ed il sax a dividersi la scena, intervellati da una parte tematica pacatamente swingante. “Sir Duke” accellera , se possibile, la già vertiginosa andatura della dedica di Wonder ad Ellington, proponendo una performance al fulmicotone nella quale Bosso e Gori mischiano le eccelse capacità tecniche ad una buona dose di divertimento. C’è inoltre una ripresa dall’album del 2005 “A time to love” con “Moon blue“, ballad d’atmosfera con un espressivo solo finale della tromba, e la dedica della title track, unico brano originale, nella vena propria del quartetto, sempre attento al profilo melodico ma con perentoria espressività. E, sorpresa finale e scelta quanto mai azzeccata, una “Isn’t she lovely“, sbriciolata in una galassia di echi e riverberi che consegna a nuova vita il tema celeberrimo e consunto dagli ascolti della dedica di Stevie Wonder alla figlia Aisha. Per Bosso e compagni l’ennesima tappa di un percorso lungo e variegato, ma sempre all’insegna di un alto livello qualitativo. E con l’augurio a Fabrizio, reduce da un infortunio, di potere presto proporre i brani di “We Wonder” anche dal vivo.

Il Quartetto in concerto nel 2018

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