ANAT COHEN – Quartetinho (Anzic Records) – Supporti disponibili: CD
Il nuovo quartetto della clarinettista israeliana Anat Cohen nasce come un distillato da un celebrato tentetto messo insieme qualche anno fa, una spettacolare formazione che sprizza divertimento e joie de vivre da ogni poro, come testimonia l’eloquente “Happy Song”, doppiato poi da “Triple Helix”, articolata composizione in tre movimenti che segna uno degli zenith raggiunti dalla clarinettista/compositrice.
Di quel particolare organico restano a fianco della leader il fidatissimo pianista di Rio De Janeiro Vitor Gonçalves, impegnato anche all’accordeon, il bassista/chitarrista Tal Mashiach e James Shipp,che si divide tra vibrafono, sintetizzatori e percussioni, contribuendo largamente al sound di questo nuovo quartetto drum-less, firmando anche l’intrigante brano d’apertura.

La ragazza entusiasta che nel ‘99 lasciava Tel Aviv per New York è diventata ora una rinomata jazzista, ha avuto varie nominations ai Grammy, è finita sulla copertina di DownBeat, ha un’agenda assai fitta nei migliori clubs di New York ed è una delle stelle del SuperGruppo al femminile Artemis. Insomma, le attese si stan facendo piuttosto alte per Anat, che ha passato i due tristi anni della pandemia in Brasile, un soggiorno semi-obbligato visto le restrizioni ai viaggi e ai concerti, in una terra amatissima da lei che è profonda conoscitrice del Choro ed ha spesso maneggiato forme folcloriche connettendole ad una contemporaneità solare ed espansiva, utilizzando come in questo caso qualche frizzante sponda elettrica. Da quell’esperienza brasiliana, dall’approfondimento sul campo di quegli stilemi e da una lunga frequentazione dei musicisti nasce dunque Quartetinho.
In questo nuovo disco il clarinetto acceso, a volte espressivamente rustico della Cohen, utilizza l’intera gamma dei colori, fin dal rapsodico avvio con il brano di Shipp “Baroquen Spirit”, in cui si stempera con clarinetto basso e vibrafono, l’allegra malinconia brazileira, proseguendo per le vie samba-funk dell’ipnotico traditional “Boa Tarde Povo”, punteggiato dal sintetizzatore, per approdare alla moderna, inquieta pagina di “Birdie”, uno dei brani che mostra possibili sviluppi futuri del gruppo, un tempo di 6/4 in cui il Fender Rodhes di Shipp introduce il mood e precede un ampio intervento della Cohen di raffinata, dolorosa bellezza e repentina chiusa.
C’è la movimentata “Louisiana”, con il basso di Tal Masiach ed il vibrafono di Shipp sugli scudi, ma ci sono soprattutto atmosfere intime come nella gemma di Egberto Gismonti “Palacho”, o come l’ipnotica “O Boto” , tratta dal repertorio del sommo Jobim (l’originale in calce) e riletta qui con trasporto non disgiunto da rigore formale che trasuda gratitudine e fedeltà.
Questo intimo e soffice Quartetinho parla al cuore e ci regala un’Anat Cohen in gran forma, che sembra avere asciugato il suo stile, è forse meno sorridente del solito ma la poesia del suo clarinetto riluce di riverberi nuovi.
(Courtesy of Audioreview)