Tracce Perdute – Booker Ervin “The In Beetween”

BOOKER ERVIN “THE IN BETWEEN”Blue Note

Inciso per Blue Note nel 1968, “The In Between” è da considerare una gemma nella produzione solistica, largamente dimenticata, del sassofonista tenore texano Booker Telleferro Ervin Jr., noto ai più per la presenza fissa nei gruppi di Mingus del periodo d’oro (1959-63). (nella clip sottostante lo vedete in magnifica azione solitaria al minuto 2.56, prima di passare palla con tocco felpato ad uno scatenato Eric Dolphy…)

Quel secondo curioso cognome italiano, Telleferro, ha sempre evocato in chi scrive immagini telluriche e ferri arroventati che morbidamente si rovesciano dalla campana del suo tenore, come accadeva al fianco del contrabbassista di Nogales, ed è ben documentato nei potenti assoli disseminati in album capolavoro come Ah Uhm, Mingus Dinasty, Oh Yeah o Tonight at Noon….

Diretto discendente della formidabile scuola sassofonistica texana, Booker Ervin era all’epoca tenuto molto in considerazione tra i colleghi musicisti e solo un destino tragico ha fatto sì che questo disco risulti essere il penultimo della sua troppo breve carriera, visto che un’insufficienza renale trascurata porterà via questo dioscuro del sax tenore nel 1970, poco oltre i suoi quarant’anni, interrompendo un percorso artistico che, a conti fatti, ha mantenuto una coerenza ed un livello elevatissimo, a dispetto del fatto che il suo nome non sia mai assurto in gloria ma abbia continuato a circolare sottotraccia, sottovalutato ed in grado di suscitare giusto alcune venerazioni di culto in piccole ma longeve colonie di appassionati.

Ascoltando questo lavoro per l'ennesima volta, e col senno di poi di cui son piene le fosse, pare evidente che Booker        Ervin fosse perfettamente conscio del momento di passaggio che il jazz stava attraversando, gli sciami sismici del "free" lambiscono i brani ed a pensarci anche il titolo è decisamente profetico in tal senso, con quel presentimento di un'epoca che sta passando il timone, mentre un mare blues consolatorio e protettivo può essere ancora solcato con inventiva e nuova energia...  

"The In Between" è un titolo enigmatico, che può essere letto anche ad altri livelli, tenendo conto della forte ironia del nostro Ervin che, sei anni dopo aver inciso l'ultima cosa con Mingus,  si trova infatti un po' nella terra di mezzo, schiacciato tra gli aedi del Free e i Giganti del Bop, tra Ayler e Rollins potremmo dire forzando il giusto.  Questa session, pur magnifica, mostra  in filigrana alcuni sottili segni premonitori che indicano come le cose, sul piano personale e della salute, stavano incrinandosi . Ervin sceglie di  trovare rifugio nel suo repertorio, riciclando due composizioni già incise in precedenza per Prestige e Bethlehem ("Mour" e "Largo").  Stava manifestandosi una certa difficoltà a comporre nuovi brani, una situazione che sarebbe stato meglio evitare alla prima incisione per Blue Note,  label che di certo preferiva proporre tutte composizioni nuove e che non pubblicherà più Ervin (*), la cui fonte creativa, così marchiata dalle avanzate idee mingusiane , oltre che dalle spezie africane di Randy Weston, stava forse cominciando a prosciugarsi.  (*) solo nel 1976 uscirà un doppio LP a nome Ervin Booker che mischia incisioni con Horace Parlan e una session del giugno '68, che verrà poi pubblicata in modo definitivo in cd nel 2005 (!) , come "Tex Book Tenor". 

Sono dettagli, ipotesi difficili da confermare che regalano comunque ancora più affetto e “verità” all’incisione.

Quel che emerge con grande evidenza è infatti la naturalezza e l’estrema “onestà” del sassofonista (“He’s natural and he’s honest,” scrive  Ed Williams nelle liner notes “Se lo accettiamo in questi termini non può esserci alcun equivoco.”). Booker Ervin sfrutta così la raffinata tessitura dei sodali scelti per l’occasione e, come da suo costume e stile, trova immediatamente una forte empatia con l’ascoltatore grazie alla forza del suo suono ed alla leadership con cui guida il gruppo, mettendosi in gioco continuamente, per tutto l’album. In  definitiva ne esce una prova d’alta scuola, in cui il sassofonista si trova a meraviglia in line-up con la brillante tromba di Richard Williams, altro texano dimenticato, probabilmente incontrato ai tempi delle collaborazioni Mingusiane e dotato di tecnica eccelsa, negli anni messa a servizio di Duke Ellington, Gil Evans, Oliver Nelson, Thad Jones-Mel Lewis e tanti altri, giusto per chiarire che qui si parla di pesi massimi, che vanno oltre tempi e mode. Notevole l’apporto del trio ritmico in cui spicca il senso della misura e il drive messo in mostra dal pianista Bobby Few (come sopra: altro eccellente musicista meritevole di riscoperta, ascoltarlo mentre dispensa classe in “The Muse”, con Booker che apre e chiude al flauto, fa bene al cuore).

Curioso l’ingaggio di Bobby Few, con cui il tenorista non aveva ancora lavorato. New York negli anni 60 era una città straordinaria, e nello stesso condominio di Few vivevano anche Booker Ervin (al piano di sopra), Randy Weston (allo stesso piano) e il sax tenore Frank Wright (al piano di sotto). In pratica, visti gli andarivieni del periodo era un condominio popolato  dal “who’s who” del jazz. Ha raccontato molti anni dopo il pianista : “Un giorno stavo suonando nel mio appartamento, Ervin venne giù dal piano di sopra a bussarmi alla porta e  mi fece: “wow, come ti chiami?”  e io gli dissi “sono Bobby Few, vengo da Cleveland.” “ti piacerebbe registrare un disco con me?” “beh, certo, e con chi? “con la Blue Note!”. e io “oh, yeah man! ” pochi giorni dopo eravamo in Studio per “The In Between”.

L’intera session vibra d’un intenso groove in cui è palpabile l’urgenza interiore che rimanda alle migliori pagine di alcuni amati caposcuola. Semplicemente esplosiva risulta la miscela tra elementi stilistici che oscillano tra Don Byas e John Coltrane, senza dimenticare Dexter Gordon (forse l’influenza sassofonistica più marcata?) ma il tutto filtrato attraverso il classico “texas shout” che ti arriva dritto alle budella. L’effluvio di Booker Ervin si sviluppa così in modo del tutto originale e mirabilmente disciplinato da una sorta di torrido controllo, anche quando l’esposizione si fa più estatica e libera.

Il disco attualmente è difficile da trovare sia in versione CD che LP, un cd usato viaggia sui 50 dollari sul mercato ristretto,  ma la versione “Blue Note’s Connoisseur CD Series” è attualmente proposta da Spotify ed a mio avviso ha un unico difetto: l’ultimo brano, “Tyra“, dopo sette minuti di suadente costruzione viene repentinamente sfumato durante un solo. Una metafora della vita breve di un grandioso jazzista outsider che ha saputo rubarci il cuore, lasciando tracce d’indelebile jazz.

Richard Williams (tp) Booker Ervin (ts, fl) Bobby Few (p) Cevera Jeffries (b) Lenny McBrowne (d) recorded Rudy Van Gelder Studio, Englewood Cliffs, NJ, January 12, 1968 –  Blue Note BST 84283 Blue Note (J) BNJ-71039

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