Daniel Hersog – Open Spaces (Cellar)

DANIEL HERSOG JAZZ ORCHESTRA – Open Spaces – Cellar Music (CD)

La scena canadese, che ha regalato al jazz geni assoluti come Oscar Peterson e Paul Bley, annovera ora tra i suoi alfieri un 39enne compositore, e ogni tanto trombettista sebbene non in questa incisione, nativo di Victoria che con questa sua big band di 17 elementi (non si teme la scaramanzia) ci offre un secondo disco dopo l’acclamato precedente di “Night Devoid Of Stars” (2021), un lavoro che suona fin da subito quasi fosse un evergreen e che pare profumi di sciroppo d’acero, condotto ed arrangiato in modo esemplare, oltre che ricco di spunti solistici d’eccezione, sempre ben calibrati all’interno delle partiture scritte.

Il sottotitolo di “Open Spaces” recita “Folk Songs Reimagined” con pezzi cari alle tradizioni canadesi che si trasformano in originals sviluppati secondo l’estro e le fascinazioni del compositore e conduttore. Difficile, per esempio, riconoscere Bob Dylan se il Nostro non avesse intitolato il brano “How Many Roads”, una celata riscrittura di “Blowin in the wind” in cui brilla la chitarra di uno degli ospiti celebri, il chitarrista Kurt Rosenwinckel.

La rivisitazione del capolavoro dylaniano non poteva che essere “singolo” di lancio del disco….

La crème della scena jazz di Vancouver, dove risiede anche l’etichetta Cellar, per questo lavoro può contare infatti anche su alcuni musicisti americani di chiara fama, come il meraviglioso polistrumentista Scott Robinson che timbra con il suo baritono uno dei vertici emozionali del disco durante l’esecuzione di “Shenandoah”, celebre classico del folk americano che gli studi di Alan Lomax ritengono attribuibile a viaggiatori franco-canadesi dell’800, e che Robinson qui esegue restituendoci la palpabile emozione che vibra dal suo sax.

Ritroviamo Robinson sugli scudi in un’altra canzone folklorica re-immaginata, in verità un original di Hersog, ovvero quella dedicata alla “Sarracenia Purpurea“, pianta carnivora piuttosto diffusa in Canada, . Abbiamo parlato di lui in passato e quindi peschiamo, per chi interessato, dai nostri corposi archivi in cui si trattava di una sua brillante uscita come leader: https://traccedijazz.com/2019/07/20/vecchi-amori-strumentali/

Tornando a questo bel lavoro in Big Band sottolineiamo con piacere anche l’impeccabile prestazione di due musicisti che hanno spesso proposto concezioni musicali piuttosto avanzate come il batterista Dan Weiss ed il sax tenore Noah Premingen, due nomi da tenere sempre d’occhio quando pubblicano a loro nome, e che si trovano perfettamente a loro agio anche in questa veste e generano scintille in molti passaggi del disco. Notevole il contributo alla session del pianista Frank Carlberg, finlandese di nascita e canadese d’adozione, che da tempo i miei acciaccati radar avevano invece completamente perso di vista. Opera dalle tessiture sottili, avvincente sia per gli amanti del jazz più canonico che quelli del versante più avventuroso, dai contenuti ben esposti, nessun ricorso a trigonometrie astruse ma un vibrante senso di piacere/riconciliazione con il format per Big Band / Jazz Orchestra che in fondo tanto manca, per mille motivi, non ultimo quello prettamente economico, alla scena contemporanea. La vena compositiva di Hersog passa con naturalezza dalla countryeggiante “Red River Valley”, che evoca ricordi di gioventù, quando avevamo i calzoni corti e la cantavamo durante le gite d’oratorio nell’adattamento immortale “Alla Sera Laggiù Nella Valle” (il cowboy sul suo bianco cavallo ecc.), fino alla splendida “Ahead By A Century” che sposa profumi boppistici con certe mirabili orchestrazioni “à la Maria Schneider”. (Courtesy of Audioreview)

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