ISTANTANEE – DAVE BURRELL SOLO A BERGAMO JAZZ

Questa ‘istantanea’ potrebbe intitolarsi ‘cronaca di un’emozione annunziata’. Annunziata, ma non per questo meno intensa; senza contare che spesso grandi aspettative a volte sono seguite da disillusioni più o meno sottili. Questa volta, invece, l’emozione è andata oltre.

Come si diceva nella presentazione di Bergamo Jazz, Dave Burrell è uomo che ha lavorato molto per altri, cumulando esperienza profonda e diversificata. Relativamente rare le sue sortite in autonomia, di recente il bell’ ‘Harlem rapsody’ per Parco della Musica. Logica l’attesa per l’occasione bergamasca, che aveva dalla sua il plus del luogo, il raccolto Teatro S.Andrea, e dello strumento, un fascinoso Steinway del 1920.

Il vero coprotagonista di questo concerto: ha abitato per molti anni alla Scala…

Rispetto al disco, convenzionalmente scandito in brani distinti ed individualmente catterizzati, al S.Andrea ci siamo trovati di fronte ad una sorta di dilatata medley (quasi 90 minuti….) nella quale però gli spunti tematici riconoscibili emergevano come proiezioni di un maelstrom  che generava organicamente materiali privi di loro individualità ed in perenne trasformazione.

Mentre nell’album Burrell sembrava aver attinto soprattutto al jazz classico degli anni ’20 adottandone anche le inflessioni pianistiche, in concerto il terreno di scavo è stato prevalentemente posteriore, senza alcuna concessione a convenzioni strumentali d’epoca.

Un Burrell d’epoca: a Willisau nel 1980…

‘Scavo’ è proprio il termine che meglio descrive l’approccio del pianista, che parte dalla ricerca dei fondamenti armonici più profondi dei vari temi, con una possente e sicura manovra sui registri più gravi dello strumento. Il suo pianismo intensamente materico sembra quasi esser scolpito e sbozzato sino all’improvvisa emersione dei temi, che si presentano come improvvise apparizioni luminose, quasi sempre dopo una sorta di scomposizione puntillistica.

Il solismo di Burrell è decisamente un’esperienza fisica, amplificata dalla magnifica resa dello Steinway centenario, capace nel contempo sia di proiettare sugli ascoltatori volumi impressionanti e quasi tangibili, che di sottigliezze dinamiche e sfumature timbriche rese con grande trasparenza.

Ad onta della forte carica di elaborazione intellettuale, la musica di Burrell è sempre contraddistinta da una intensa espressività, che gli dona una intima, sottile tensione. E’ sempre presente un profondo senso del blues che si accompagna ad una naturale padronanza di decenni di tradizione jazzistica, che emergono senza alcun astratto spirito di citazione. ‘Summertime’, ‘Over the Rainbow’ e tanti altri classici sfilano in forma mutante, oscillando tra l’intensità dell’espressione e metamorfosi inquietanti e stravolgenti. Non manca nemmeno un pizzico d’ironia, che fa capolino da un “You don’t know what love is” aggredito a tempo di ragtime: è stato l’ultimo di ben due bis.

 Quasi novanta minuti di piano solo fisico ed ad alta intensità sono un bel tour de force per chiunque, ma ha quasi del miracoloso vederseli proporre da un pianista di 84 anni, sia pur splendidamente portati. E nonostante gli oltre 60 anni di palco, alla fine era evidente l’emozione di Burrell, sia per l’ascolto attento e totalmente concentrato del pubblico (“Wonderful audience!” ha commentato il pianista non appena alzatosi dallo sgabello), sia per la grande qualità e suggestione dell’ambiente.

Ed ormai il  Teatro S.Andrea ed il suo Steinway 1920 (strumento del tutto imparagonabile a quelli attuali, anche alle orecchie di un profano…) si avviano a diventare un luogo magico, una sorta di sancta sanctorum del piano solo: i possibili candidati a rinnovare la sua magia non mancano……   Milton56  

E’ quanto sono riuscito a trovare dell’ultimo Burrell dal vivo in solo: corposo video del 2022, ma contiene tre brani diversi. Dà una qualche idea di quel che è successo a Bergamo…….

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