PETER BERNSTEIN – What Comes Next (Smoke Sessions Records) Supporti disponibili: CD – LP
Arriva nel pieno della pandemia mondiale il 26° album da leader di Peter Bernstein, sommo chitarrista ed abile compositore che nella copertina imbraccia lo strumento e ci guarda dritti in faccia. Una New York desolatamente vuota alle spalle riflette i tanti interrogativi con cui convivere oggi, domande e istanze sublimate in due nuovi brani scritti durante il lockdown (l’obliquo valzer eponimo, carico di speranza, ed un’eloquente “Empty Streets”), due nuovi titoli che si vanno ad aggiungere a tante perle del passato, e che contribuiscono a costituire un corpus compositivo di una certa rilevanza, che testimonia un percorso d’invidiabile coerenza a livello stilistico ed il raggiungimento di una felice sintesi personale in cui si legge con facilità in filigrana la fluidità ed il magistero di chitarristi meravigliosi come Wes Montgomery, Grant Green, Jim Hall, giganti dei quali Bernstein può essere considerato il legittimo erede e continuatore, a tutti gli effetti.
Il prestigioso Sear Sound di NYC, un santuario dove hanno inciso tutti quelli che contano, è diventato, grazie agli uffici della sempre più meritoria Smoke, il teatro di un’eccellente session in quartetto, un progetto mirato che ha coinvolto Sullivan Forter (pianista da anni in formidabile ascesa), e una ritmica mondiale con Peter Washington, basso, e Joe Farnsworth, batteria, debitamente sottoposti a tampone, mascherine sul volto, distanziamento necessario, concentrazione massima e soprattutto una valanga di jazz declinato in senso squisitamente classico eppure vibrante di modernità, una musica che ricerca poesia e purezza e s’incendia in mille rifrazioni, un balsamo ad alta gradazione, capace di lenire, o infiammare, con un tocco di positive thinking, gli infiniti “giorni della marmotta” in cui siamo precipitati più o meno tutti.
L’impeccabile tecnica, come accade nei casi migliori, veicola idee solide e fragranti, la rilettura di “Simple As That”, tratto da un dimenticato Criss Cross del 1993, ci accoglie come un vecchio amico che ci tocca il gomito e sorride con gli occhi, la band procura poi svariate sistole con lo standard del 1945 “We’ll be together again” (“No tears / No fears / Remember there’s always tomorrow”) e decolla verticalmente sugli spunti latini della gillespiana “Con Alma”.
La chimica del quartetto mira ad una perfezione stilistica che evita però ogni eccesso di levigatura, gli stimoli ed i rimandi interni si moltiplicano, dal brano dedicato a Jimmy Cobb fino al divertente finale rollinsiano di “Newark News” questi alfieri del jazz dall’innata e fluente eleganza non mollano di un millimetro, e parlano alle nostre vite.
(Courtesy of AudioReview)
In questo bel video di “Jazz Guitar Today” i quattro musicisti raccontano la genesi dell’album e soprattutto le difficoltà del momento storico. L’intero “Special” su Bernstein lo trovate invece a questa pagina