Storia non nostalgica di un batterista: Jerry Granelli

A volte è difficile reisistere alla tentazione di rivisitare il proprio passato. Specie se si è Jerry Granelli, batterista che quest’anno compie  ottanta anni con circa sei decenni di carriera alle spalle, molti dei quali trascorsi in compagnia di grandi personaggi del jazz come Charlie Haden nel trio con Denny Zeitlin, Lee Konitz, Gary Peacock, Pat Metheny o Bill Frisell. Eppure al richiamo del suo periodo di maggior successo, quello trascorso nella prima metà degli anni sessanta a fianco del pianista Vince Guaraldi, divenuto celebre per aver creato la colonna sonora dei cartoni televisivi dei Peanuts, in una San Francisco grondante jazz, fino a pochi anni fa, Granelli aveva opposto una decisa resistenza. Durata fino alla decisione di allestire un proprio trio  per uno spettacolo chiamato “Tales of A Charlie Brown Christmas” che viene allestito regolarmente intorno al periodo natalizio in Canada, dove il batterista vive  dagli anni Novanta. “Non volevo cercare di rendere quella musica  strana – spiega Granelli – e non volevo imitare gli originali. In tutta onestà ho resistito nel corso del tempo perché non trovavo la giusta strada. Ora però posso relazionarmici, perché è diventata parte del patrimonio culturale collettivo”.

La stessa prospettiva, rivisitare il passato in una vena aggiornata al netto di ogni richiamo nostalgico, sembra essere il motivo centrale di questa avventura in casa RareNoise condivisa con l’eclettico pianista Jamie Saft e del suo fido bassista Bradley Christopher Jones. Dedicata alla musica di Vince Guaraldi, quindi, insieme a quella di Mose Allison, il pianista jazz blues del Missisipi scomparso noventenne nel 2016, amato anche in ambito rock,  dagli Who ai Clash, che Granelli accompagnò dalla metà degli anni settanta fino agli ultimi passi, condividendone molte pagine famose. Il risultato? Un album profondamento intriso di blues e di belle canzoni, rese in un’atmosfera intima e rilassata, una serata tra amici che condividono una passione. “Abbiamo tutti e tre fatto esperienza nel suonare tante cose diverse”, dice Granelli. “Amiamo il blues, a prescindere dal fatto di averlo sempre suonato, e amiamo le grandi canzoni – e queste sono davvero grandi canzoni. Non credo che il materiale diventi vecchio; quello che lo può rendere vecchio è il mero recupero, una versione stantia del passato. Siamo riusciti invece a portare una sensazione di freschezza in questa musica, e questo era fondamentale per me. Non abbiamo cercato di ricreare nulla”.

Si parte da una  composizione del 1962, “Cast Your Fate To The Wind“,  successo radiofonico di Guaraldi e vincitore di un  Grammy Award l’anno successivo per la migliore composizione jazz originale,  e si arriva alle dolci e malinconiche note di una “Christmas time is here“, la sigla natalizia di Guaraldi, sulle quali si estende un magmatico solo del contrabbasso di Jones.  In mezzo tante  declinazioni del blues,  esplorate  dall’ampio respiro del   pianoforte di Saft , qui lontano anni luce della sua vena più sperimentale ed aggressiva, (ma sappiamo che l’uomo è abituato ad abitare tanti mondi diversi),  dalla solida dinamicità del contrabbasso  di Jones,  e dal drumming sempre effervescente e poco ortodosso dell’ arzillo ottantenne Granelli. Si attraversa una “Parchman Farm” lanciata in  traiettoria straight ahead, una muscolosa rilettura di “Baby Please Don’t Go” di Big Joe Williams, con il basso nodoso ed inquieto di Jones, per affidarsi subito dopo all’andamento indolente di   “Everybody’s Cryin’ Mercy“. Ed ancora, intervallate da due preludi imrprovvisati per basso e batteria, un’ intensa ballad come “Star song“, la grinta di una “Young Man Blues” in grado di competere con la cover  di Pete Townsend e Roger Daltrey, e la destrutturazione di “Your Mind Is On Vacation” in chiave astratta.

La sintesi finale la lasciamo all’autore, nel ricordo di quell’incontro cruciale con Vince Guaraldi nei primi anni ’60, a 21 anni. Il giovane batterista era appena tornato nella natia San Francisco dopo il suo primo tour nazionale e aveva scoperto che Guaraldi si era recentemente separato dal suo trio, dopo avere ottenuto un successo con il brano “Cast Your Fate to the Wind”, preludio ad un intensa stagione di concerti. “E’ raro poter fare quel tipo di esperienza formativa”, spiega Granelli. “Ci pagavano per suonare sei o sette sere a settimana e finiti i nostri live andavamo in posti come Bop City a San Francisco per suonare in jam session che duravano fino alle 6 del mattino. Questo album rispecchia la vita che facevamo a quei tempi”.

 

https://www.rarenoiserecords.com/releases/the-jerry-granelli-trio-plays-vince-and-mose/

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