JIM Snidero – Live At The Deer Head Inn – Savant
Un club accogliente, un quartetto coeso formato da fuoriclasse mondiali del proprio strumento, un pugno di standard celebri. Non c’è molto altro in questo “Live At The Deer Head Inn” ma a ben guardare è quasi impossibile chiedere di più e di meglio. Se amate il jazz, ovviamente.
E’ sempre un gran piacere occuparsi di Jim Snidero e dei suoi lavori, un anno e mezzo fa ne avevamo approfittato, nel dare conto dell’interessante “Project K”, per ripercorrerne un po’ la luminosa carriera di musicista oltre che di educatore di fama mondiale.

Questa volta ci dedichiamo ad un Live di solida concretezza che ha l’effetto di una salutare boccata d’ossigeno. Dopo mesi e mesi di chiusure, ambulanze, terapie intensive, lutti e drammi d’ogni tipo, ecco che un set come questo, di cristallizzata classicità, può diventare una sorta di talismano, un’ora di comfort music con il ritrovato pubblico amico, tra pareti ovattate, al momentaneo riparo dai tempi vili, immersi solo nel grande jazz che sa bene come lenire, commuovere, eccitare ognuno di noi in modi sempre diversi ed uguali.
Fuor di retorica, Snidero da molti anni alterna prove discografiche e concertistiche maiuscole ad un’incessante attività didattica, in questo caso il sassofonista riprendeva dal vivo dopo vari mesi di inattività e questa data nel rinomato club in Pennsylvania era posta durante una breve riapertura dei locali ad Halloween 2020, più o meno a cavallo della seconda ondata della pandemia negli States. Per questa rentreè di fronte a un pubblico caloroso ed assetato di musica live gli sono a fianco il batterista Joe Farnsworth, il bassista Peter Washington ed il pianista Orrin Evans, fresco di smarcamento dalla breve avventura con i The Bad Plus dove aveva sostituito per qualche tempo Ethan Iverson, un progetto in cui Evans mi è sempre sembrato un po’ fuori contesto.
“Now’s the Time” apre il concerto, come usava fare Bird, e manca poco che si esulti come ad un gol di un centravanti amato che torna in campo. Kim Parker, mitica figlia di Chan Richardson, testimone storico che con un papà sui generis come Charlie Parker ha vissuto da bambina glorie e tragedie sulla 52^ strada all’inizio degli anni ’50, è presente tra il pubblico, entusiasta dei ripidi voli di Snidero… Bird Lives!, insomma. La sontuosa ritmica non lesina certo lo swing, brani celeberrimi come “Autumn Leaves” e “Bye Bye Blackbird” mandano avanti il set come un treno su rotaie dorate, gli spunti solistici d’innata eleganza si susseguono in classica rotazione e segnaliamo tra gli altri un monumentale Peter Washington su “Autumn Leaves”, il leader in “Idle Moments” di Grant Green, sapientemente ripresa, ed Orrin Evans, micidiale nell’affrontare “My Old Flame”, standard del 1934 lucidato a nuovo, ma non troppo. Bentornati, ragazzi, quanto ci siete mancati.
(Courtesy Of Audioreview)
ottimo consiglio musicale
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Altro che retorica, il richiamo al potenziale di empatia e di emozione della musica, massimamente del jazz, è opportuno, anzi sacrosanto e necessario in questo momento, dove si dovrà cominciare a fare i conti con lo sgombero di tante invisibili macerie. La scena incerta e precaria che ora sta faticosamente riaprendosi sarà tutta dei musicisti che lo capiranno. Quanto all’Orrin Evans ‘fuori posto’ nei Bad Plus avrei qualche dubbio: The Bad Plus è una creatura mutante, schiacciarla troppo su una figura importante e fondativa come Iverson (da tempo allontanatosi) è sbagliato. In un paio di occasioni ho sentito Evans a fianco di quel formidabile duo che formano Reid Anderson e Dave King, e posso dire che l’interplay con Orrin era più che convincente, direi elettrizzante. Il fatto è che tener fermo uno come Evans in una stessa formazione per più di qualche mese è impresa impossibile: ha troppe idee ed interessi…. Milton56
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Orrin Evans è talmente bravo che per me renderebbe elettrizzante anche un concerto di Orietta Berti o arrivo a dire che potrebbe dare dignità anche ai terrificanti Maneskin, orgoglio d’Italia. E’ proprio un discorso di estetica/compatibilità che non mi ha convinto fin dall’annuncio della sua avventura Bad Plus e sono stato molto contento quando ha lasciato quella band mutante, come la chiami tu, che mi è sempre sembrata molto più furbacchiona che non rilevante in termini assoluti. Orrin Evans / Captain Black non c’entra veramente nulla con le cover indie-jazz dei Pixies o degli Interpol, Bowie o altri “badplusati” pop-rock da Iverson, pianista e “mente” della band che ama e interpreta anche quel repertorio con grande acume. O.Evans Ha dato una gran botta di energia producendo i dischi migliori della band ma non credo che ai vecchi fans sia piaciuto. Comunque per me ascoltare il suo nuovo “The Magic of Now” (Smoke Session 2021) in trio è stato come ritrovare un vecchio amore dopo una parentesi al bordello. 🙂
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